sabato 22 ottobre 2011

"Che stronza, all'inizio tu stavi con me e mi parlavi di L, chi mi dice che ancora non provi qualcosa per lui" "Te lo assicuro io, non ci penso davvero più. A meno che tu non mi costringa a pensarci, non lo faccio" "Resti comunque una papera un po' cretina" "E' per questo che mi ami".

venerdì 21 ottobre 2011

I Passanti.

"Immagini chiare di qualche istante, sarete presto una folla distante, scavalcate da un ricordo più vicino" F. D'Andrè, Le Passanti. Oggi ho visto un uomo senza gambe scendere dal treno. Faceva leva sulle braccia, più lunghe delle sue cosce, era alto come la mia valigia. Quest'uomo doveva anche essere straniero, ed era accompagnato da un ragazzone grassoccio che lo guardava con quegli occhi che vedi solo nelle pubblicità dei bambini malati, o di quelli talmente poveri che riesci a vederne i polmoni tra le coste. Le porte del treno si sono quasi chiuse attorno al corpo del povero uomo senza gambe, all'improvviso, lui ha lasciato la ringhiera e ha tentato di opporsi, il suo corpo minuto e bagnato di pioggia schiacciato nel mezzo, il ragazzo ha gridato. Ho guardato la scena sentendomi uscire da me stessa, avevo un miscuglio di sensazioni addosso che non si dileguavano. Scesa sulla banchina ho camminato per inerzia, mio fratello a qualche passo dietro di me, le nostre valigie rosse che dribblavano i passanti, la stazione di T. sempre così gelida e sporca di pioggia. L'uomo senza gambe aveva la prossimità distale delle cosce coperte da ginocchiere gialle, un bastone impugnato nella mano destra, sembrava facesse sci di fondo, invece si divincolava nella folla senza chiedere pietà, senza ostentare la sua miseria. Il ragazzo aveva degli occhi di piombo che rivedo anche ora distintamente. Salita in macchina ho compreso che quella strana malinconia che mi aleggiava dentro era compassione. Sì, proprio compassione, o pietà, qualcosa del genere. Non credo di averla mai provata fino a tal punto, ero atterrita, ero desolata per le sue sofferenze, avrei voluto aiutarlo. L'uomo senza gambe aveva la faccia segnata, e pensare che sul treno i nostri sguardi si erano incrociati e non mi ero resa conto di niente, l'avevo guardato non come si guarda un malato, l'avevo guardato con l'ostilità che si riserva a tutti gli estranei, scrutandolo in un cagnesco preventivo, come avrei preferito continuare a osservarlo anche dopo averlo scoperto menomato. Invece non ne sono stata in grado, e non so se sia un bene o un male. Comunque, volevo raccontarlo, per non dimenticarlo. Strano come alcuni visi si imprimano nella memoria, pur non essendo legati a nulla di particolare. Un'altra volta ricordo di un vecchio uomo dagli occhi così profondi, uno stagno cromatico di verde e azzurro e grigio, anche lui doveva aver qualche problema, forse mentale, forse era solo incapace di parlare. Ricordo di avergli raccolto qualcosa mentre L'Eurostar sferragliava verso il futuro, e di aver studiato a lungo quella sua espressione desolata, non riesco a descriverla bene perché le vere emozioni non sono del mondo delle parole, comunque mi ha talmente colpito che lo ricordo a distanza di quasi due anni,era il 22 gennaio del 2010. Le mie assenza sul blog sono cominciate in grande stile da quando ho ricominciato a leggere, forse c'è un equilibrio nelle parole, se non te le somministrano altri provvedi tu stessa a ricercarle, in caso siano i libri a saziarti non si ha quasi la forza, o il bisogno di aggiungere altro. Intanto tutto crolla nel paese delle cose reali, ed io non mi oppongo. M.