venerdì 30 dicembre 2011

Happy New Year

Sono due anni che ho il blog e ho scritto sempre meno, sempre peggio. Nel frattempo l'anno 2011 è terminato e lasciatemelo dire, meno male. Anche se c'è una parte di me che preferirebbe appigliarsi all'anno vecchio, per quanto orribile sia stato, perchè non può più ferirci nè giocare tiri mancini. Invece chissà cosa accadrà nel 2012. L'unico modo per scongiurare le mie paure è creare una lista di propositi. - sopravvivere - fare più esami possibili - dimagrire fino a sembrare una persona e non una palla di carne - smetterla di farmi male -leggere tantissimo -ritornare a scrivere - farmi crescere le palle -proteggere i miei cari -imparare il francese -smetterla di fare liste per qualsiasi cosa -tornare ad ascoltare musica -credere più in me e nella buona fede degli altri Spero che i miei timori sul 2012 non siano fondati, che tutti i miei cari stiano bene, che io diventi una persona migliore. E buon anno a tutti voi. Dal prossimo post tornerò in forma e smetterò di lagnarmi e di comportarmi da neonata, lo giuro. M. p.s. : notate come mi riduco a vermiciattolo spaventato quando ripeto millemila volte spero che tutti stiano bene. Sono quel genere di persona non superstiziosa razionalmente ma timorata di dio al punto da scorgere minacce soprannaturali in ogni maledetto avvenimento. Che poi Zeno Cosini mi fai un baffo, sono certa di aver scritto più propositi e liste e date io che tu in tutta la tua vita.

sabato 26 novembre 2011

Mi sento come al solito miserabile. Per molti è la bellezza, o la personalità, o l'amore a fare la differenza tra vivere e morire. Per me era imparare,eccellere in quello che molti definivano una perdita di tempo. Ora sono brutta, senza personalità, in una storia che storia non si può definire e per di più stupida, completamente stupida, con problemi d'ansia, attaccata al passato, incapace d'immaginare un futuro in cui poter sopravvivere. Ecco come mi sento. Per di più non esercitando la scrittura da ormai un anno immagino anche di aver perso anche questa capacità. Tombola.

sabato 22 ottobre 2011

"Che stronza, all'inizio tu stavi con me e mi parlavi di L, chi mi dice che ancora non provi qualcosa per lui" "Te lo assicuro io, non ci penso davvero più. A meno che tu non mi costringa a pensarci, non lo faccio" "Resti comunque una papera un po' cretina" "E' per questo che mi ami".

venerdì 21 ottobre 2011

I Passanti.

"Immagini chiare di qualche istante, sarete presto una folla distante, scavalcate da un ricordo più vicino" F. D'Andrè, Le Passanti. Oggi ho visto un uomo senza gambe scendere dal treno. Faceva leva sulle braccia, più lunghe delle sue cosce, era alto come la mia valigia. Quest'uomo doveva anche essere straniero, ed era accompagnato da un ragazzone grassoccio che lo guardava con quegli occhi che vedi solo nelle pubblicità dei bambini malati, o di quelli talmente poveri che riesci a vederne i polmoni tra le coste. Le porte del treno si sono quasi chiuse attorno al corpo del povero uomo senza gambe, all'improvviso, lui ha lasciato la ringhiera e ha tentato di opporsi, il suo corpo minuto e bagnato di pioggia schiacciato nel mezzo, il ragazzo ha gridato. Ho guardato la scena sentendomi uscire da me stessa, avevo un miscuglio di sensazioni addosso che non si dileguavano. Scesa sulla banchina ho camminato per inerzia, mio fratello a qualche passo dietro di me, le nostre valigie rosse che dribblavano i passanti, la stazione di T. sempre così gelida e sporca di pioggia. L'uomo senza gambe aveva la prossimità distale delle cosce coperte da ginocchiere gialle, un bastone impugnato nella mano destra, sembrava facesse sci di fondo, invece si divincolava nella folla senza chiedere pietà, senza ostentare la sua miseria. Il ragazzo aveva degli occhi di piombo che rivedo anche ora distintamente. Salita in macchina ho compreso che quella strana malinconia che mi aleggiava dentro era compassione. Sì, proprio compassione, o pietà, qualcosa del genere. Non credo di averla mai provata fino a tal punto, ero atterrita, ero desolata per le sue sofferenze, avrei voluto aiutarlo. L'uomo senza gambe aveva la faccia segnata, e pensare che sul treno i nostri sguardi si erano incrociati e non mi ero resa conto di niente, l'avevo guardato non come si guarda un malato, l'avevo guardato con l'ostilità che si riserva a tutti gli estranei, scrutandolo in un cagnesco preventivo, come avrei preferito continuare a osservarlo anche dopo averlo scoperto menomato. Invece non ne sono stata in grado, e non so se sia un bene o un male. Comunque, volevo raccontarlo, per non dimenticarlo. Strano come alcuni visi si imprimano nella memoria, pur non essendo legati a nulla di particolare. Un'altra volta ricordo di un vecchio uomo dagli occhi così profondi, uno stagno cromatico di verde e azzurro e grigio, anche lui doveva aver qualche problema, forse mentale, forse era solo incapace di parlare. Ricordo di avergli raccolto qualcosa mentre L'Eurostar sferragliava verso il futuro, e di aver studiato a lungo quella sua espressione desolata, non riesco a descriverla bene perché le vere emozioni non sono del mondo delle parole, comunque mi ha talmente colpito che lo ricordo a distanza di quasi due anni,era il 22 gennaio del 2010. Le mie assenza sul blog sono cominciate in grande stile da quando ho ricominciato a leggere, forse c'è un equilibrio nelle parole, se non te le somministrano altri provvedi tu stessa a ricercarle, in caso siano i libri a saziarti non si ha quasi la forza, o il bisogno di aggiungere altro. Intanto tutto crolla nel paese delle cose reali, ed io non mi oppongo. M.

mercoledì 28 settembre 2011

Mi disegnano così (grazie alla tv per questo titolo)

A volte sorrido solo perché se non lo facessi si accorgerebbero di come sono diversa. A me non fanno ridere le ragazze che la danno via e se ne vantano. Non fanno ridere i ragazzi prepotenti, e le persone sicure di sé. Non so proprio comportarmi con le persone, ma quando sarò medico- se lo sarò- mi comporterò con gentilezza e premura. Le persone dovrebbero essere tutte gentili e premurose. Non soffocanti, ma garbate. E non dovrebbero parlare di tampax incastrati e di quante volte si scoperebbero quel particolare personaggio televisivo. Bah, poi pensano che io sia vecchia dentro, semplicemente non ho quel genere di carattere. Io so stare da sola, e se sto con qualcuno è perché voglio costruire qualcosa, non per sentirmi meno sola, è tanto sbagliato? Se questo significa essere vecchi, allora non mi opporrò all'epiteto.

mercoledì 21 settembre 2011

La psicanalisi è un modo particolare di ricongiungersi a Dio (che tu creda d'esser Dio o nella sua esistenza è lo stesso)ha qualcosa di lirico e personale che ha a che vedere solo con la confessione dei propri peccati a un parroco. C'è solo una differenza tra i due atti: confessandosi ci si presenta dinanzi a un giudice imparziale già sicuri dei nostri misfatti. Dallo psichiatra si entra convinti d'esser nel giusto e ci si congeda sentendosi immensamente più sporchi. Redimersi forse significa forse ammettere la propria colpa, sentirne il peso schiacciare le membra, non tanto ripulirsi, è piuttosto il momento in cui bisogna assumersi le proprie responsabilità quello veramente necessario nell'operazione della salvezza. Ma queste sono solo le mie sciocche divagazioni. -M. E in realtà volevo solo abbracciarti e dirti che ovunque tu sia, tanti auguri. Significhi molto per me, e penso che tu ci sia, da qualche parte. Oggi è il 22 settembre, come quando ti ho visto e pure se non esisti per me esisti. Auguri.

giovedì 15 settembre 2011

In definitiva.

Mia madre dice che sin da piccola ho preferito socializzare con persone deboli e strane. Mi diceva spesso che sceglievo le persone sbagliate, che me ne stavo con gente incapace di reggere una conversazione decente, di avere abitudini normali, e in effetti non aveva tutti i torti. Non intendo con questo che i miei amici siano anticonvenzionali, non fanno niente di straordinario. Ma nemmeno facciamo cose comuni come la discoteca, i locali, le macchine, le feste a tutti i costi. Insomma, noi bivacchiamo, spesso mangiamo senza misura e beviamo altrettanto facilmente, passiamo le giornate senza un programma particolare e non necessariamente tirati a lucido, eccetto A. che ha bisogno sempre di un vestito di marca per non vergognarsi, e F. che ci tiene anche lei ma non è una fashion victim, è la musica che la tiene prigioniera. Qualche volta ci picchiamo, a vent'anni è assurdo vedere dei ragazzi che si spintonano, me ne vergogno profondamente, dovremmo darci un contegno, non siamo più bambini, ma le mie obiezioni vengono solitamente ignorate e si continua così. In realtà i miei amici sono tutti sfigati, come me. Ce ne fosse uno che si potesse definire bello nel senso letterale del termine, o che ne so, affabile con tutti, o vincente, sapete come la reginetta di bellezza o il guido da Jersey Shore. Noi siamo un gruppo di antieroi, pieni di difetti e complessi. In definitiva, siamo adorabili.

Sconvolgente.

Cos'è accaduto a Blogspot? Sono turbata.

mercoledì 14 settembre 2011

Sto per andare dal medico e cerco di non pensarci.
Non penso nemmeno all'esame a cui probabilmente mi bocceranno.
Due settimane di crisi di pianto, arginate un po' dalle gocce.
Ieri di nuovo ho pensato che volevo morire, ci ho pianto su, poi ho letto un libro in cui morivano tutti e mi sono detta che alla fine da morta non puoi mangiare, né baciare, né scrivere, non voglio morire davvero, lo dico solo per dire.
Avverto una leggera cefalea, la nausea si è impossessata di me e questo mi infastidisce visto che il colloquio sarà estenuante.
Se non scrivo più sul blog è perché ultimamente leggo tutto il tempo. Ho scoperto che si definisce questa tendenza come Bovarismo.
Quindi se volete posso consigliarvi qualche romanzo e racconto, ma non chiedetemi altro, sono giorni che mi mancano le parole e la mia massima funzione intellettiva, tolto lo studio che comunque si rivela inconcludente e la lettura che sta divenendo sterile a causa della furia con cui macino le pagine, è guardare America's Next Top Model.
Niente, solo per dire che mi ricordo di avere un blog, prima o poi riprenderò con i post totalmente inutili e superflui.
XOXO Gossip Girl
o_O

giovedì 8 settembre 2011

Un'altra storia d'amore.

Ad ogni incontro ti narro tutto ciò che mi affligge, descrivo delle disgrazie irreali da cui mi sento tormentata. A volte ho qualche pensiero lieto, un fiore che germina tra le sterpaglie, è così prezioso che probabilmente lo tengo per me, busso alla tua porta sempre con le spalle piegate in dentro, afflitta, gli occhi lacrimanti, simile a un cencio. Quando le opinioni non vanno condivise sembra di vivere in un romanzo del naturalismo francese, mi dici per smorzare la tensione perchè il dialogo tra noi sembri meno irreale. Due sconosciuti seduti accanto, ogni movimento del mio corpo dà segno di impotenza, sono rigida e pallida, vorrei scappare con ogni mia cellula, preferirei morire piuttosto che stare ferma, i tuoi occhi che indagano sul mio capo irrimediabilemte basso.
Eppure sono io ad aver chiesto un confronto.
L'unico che possa farmi così tanto male, l'unico che può farmi star bene.
Ma non è semplice dar fuoco alla propria barriacata, nonostante siano ben misere le soddisfazioni che un animo in balia di una qualche monomanìa possa provare è difficoltoso permettere a un altro di entrare nella propria pelle.
E' semplice immaginare di sfuggirle, spellarsi e scappare muscoli e scheletro che se la danno a gambe verso identità meno problematiche, ma a nessuno verrebbe in mente di invitare qualcuno a sbirciare dentro la nostra intimità, non se ne proverebbe piacere. O forse il piacere di non esser soli sarebbe talmente forte da piegarti le gambe, una sensazione di leggerezza simile da farti avvampare, rimescolarti le viscere, un'idea che fa piangere.
Per questo ti odio e ti amo, analista, mio padre confessore, tu sei La Gloria: io ti pago affinchè tu possa sobbarcarti la mia vergogna, la mia inadeguatezza.



Mezzo vero, mezzo patacca.

lunedì 5 settembre 2011

Non bisognerebbe mai usare le parole per lusingare, irretire, ferire.
Non c'è nulla di più meschino dello sporcare d'adulazione qualcosa di così prezioso come il linguaggio.
La parola è il dono più importante che abbia l'uomo, la possibilità di esprimersi e di tramandarsi.
La parola è il primo dono intellettuale che facciamo ai nostri figli, la prima cosa che possiamo far loro apprendere, che non venga dall'istinto personale.
Non dovremmo mai abusarne, mai adoperarla per fingere, per fendere.
L'unica eccezione alla finzione sta nello scrivere un romanzo, lì è concesso, d'accordo.
Insomma, il senso di questo post è abbastanza banale, comunque ci tenevo a dir la mia.

sabato 3 settembre 2011

E adesso che mi restano solo il ricordo di quelle parole, delle conversazioni interminabili che correvano sulla A14 fino a raggiungerti, mi ritrovo con un libro maledetto in cui un uomo che vuole sentirsi migliore idealizza una povera donna la cui essenza è la maternità piuttosto che la seduzione e le si accuccia ai piedi come un cane, per farsi accarezzare un po' la nuca.
Non so chi dei due alla fine qui si dimostrerà il cane, chi il bracconiere.
So che non hai avuto il coraggio di farmi fuori, ma nemmeno quello di tentare di salvarmi.
Mi hai lasciato nella foresta, con il sentore indistinto dell'abbandono, nell'umido utero di foglie e piante brulicanti, una scacchiera di ombre prepotenti, e flebili sospiri di luce. Sola ma sicura che da qualche parte tu respiravi, e io volevo illudermi di esserci ancora in quell'ossigeno che bruciava nei tuoi polmoni, ma a cosa servisse farsi male ulteriormente, questo non lo so.
Sapevo che questo libro mi avrebbe fatto ripensare a te, leggerlo è sconfortante e a tratti affascinante, non so se riaprirà la ferita o se mi scoprirò ufficialmente immune.

sabato 27 agosto 2011

E' da ieri sera che avrei dovuto scrivere qualche parola su "Delitto e Castigo". Prima di tutto, come tutti i libri che per me hanno significato qualcosa oltre alla semplice commozione temporanea dopo averli terminati, questo romanzo è stato il Titano contro il quale ho lottato costruendo la peggiore delle barricate, issando una caterva di pregiudizi, mobilitando la noia e la puerile convinzione che fosse solo la storia di un delitto e di un castigo qualunque, che oltre al furore e alla vergogna del protagonista non avrei trovato un bel niente. Solo nomi russi, incomprensibili, irripetibili.
Era capitato con Marquez, era capitato con Hugo, qualsiasi cosa mi avessero consigliato la distruggevo a pura inezia, se piaceva a tutti allora doveva essere davvero stupido, e poi si sa che il tempo è il miglior cemento e gonfia e irrigidisce i nomi rendendoli più grandi di quanto non siano effettivamente stati. Questo mi dicevo, e tuttavia volevo leggere il romanzo, perché è uno di quelli che "si deve leggere", tutti lo conoscono, tutti lo avevano letto per formarsi un'opinione. L'edizione del libro che comprai risale al 2006. Sono passati 5 anni pieni senza che io riuscissi ad andare oltre pagina 200.
Sono tuttavia sempre stata certa che le cose arrivano proprio al momento giusto, che a volte coincide con quello più sbagliato, per permetterti di vedere oltre l'abisso che ti attanaglia uno spiraglio di salvezza e beatitudine.
Così stavolta intrapresi di nuovo la lettura del romanzo, quasi ossessionata giunsi dalla prima sera a pagina 100. Al mattino dopo ero a pagina 200. La sera a pagina 350. Ci vollero circa 3 giorni per completarlo, molto meno per rendermi conto di quanto Raskolnikov mi assomigliasse. Questa è la storia di un ragazzo che vede il mondo diviso tra grandi uomini e pidocchi. I grandi uomini sfuggono alla legge, e per far valere le loro idee sono legittimati anche a compiere azioni cruente. All'inizio della vicenda Fedor ci fa credere che sia per la fame, per non pesare sulla famiglia, per poter continuare gli studi che Raskolnikov uccide una strozzina, e sfortunatamente anche la sorella della vecchia, che si trovò in casa durante l'avvenimento dell'omicidio, dopo circa 400 pagina sappiamo che lo fece solo per dimostrare a se stesso di poter essere un Napoleone, non un pidocchio. Ma nel doverselo dimostrare, e nel rendersi conto che avesse compiuto un'azione non di certo mastodontica egli cade in uno stato malsano di incubo, preda dei nervi e della malattia, a tratti infervorato e intrattabile e in altri mite e docile da esser penoso, ma sempre preservando i suoi modi arcigni e un senso di distacco assoluto dalle cose e dalle persone. Finché non fa la conoscenza di Sonia, una ragazza costretta a vendere il suo corpo per sostenere le spese della sua famiglia sventurata, timida e sventurata, dal viso angelico e infantile e dal cuore grande. Non c'è malizia in lei, non c'è disprezzo verso coloro che l'hanno costretta al disonore, è diciamo, la donna angelo e cammina vestita di stracci. E' quanto di più lontano dall'immagine di una Beatrice per come l'ambiente l'ha resa miserabile, ma ancora più per questo la sua bontà e la sua fede incorruttibile spiccano sulla lordura, contrapponendosi all'ateismo e alle teorie malsane di Raskolnikov.
Sonia salva Raskolnikov, convincendolo prima a confessare il misfatto, e poi ad accettare la sua sorte, i lavori forzati, e soprattutto il pentimento.
Non c'è un attimo in cui si dubiti che i due si amino e siano destinati a un avvenire insieme, ma è solo nell'ultima pagina che lui si rende conto che non ci sono altre alternative, e finalmente si spoglia del dolore e della vergogna di essere uno qualunque e decide di amare la vita, e Sonia.

Ci sono così tanti richiami a ciò che sto provando che il mio cuore accelerava all'impazzata leggendo le vicende descritte nell'opera.
E' una di quelle volte in cui ringrazio fermamente la mia buona stella d'avermi donato una passione tanto rara quale la lettura, di non avere a noia le storie d'altri che spesso nemmeno sono state per davvero. Questo romanzo sono sicura, mi aiuterà a cambiare, e a accettare la mia croce.

sabato 13 agosto 2011

Sto avendo dei dialoghi interessanti questa estate, in particolare con mio padre.
E' bizzarro, dato che io parlo poco con i miei genitori.
Ma quando accade è per dire cose leggendarie (vai Barney Stinson).

giovedì 11 agosto 2011

https://www.facebook.com/pages/Le-Muse-Inquietanti/189122581107743


Mah, per chi volesse leggermi anche su facebook (anche suona ridicolo).

mercoledì 10 agosto 2011

Sono in grado di comprendere il funzionamento della società, le sue consuetudini e anche i suoi colpi di scena. Ma mi pare di non essere in grado di prendere parte ai suoi schemi, né fisicamente né psichicamente, è come indossassi una corazza, mi protegge e mi nasconde dalla realtà, gli occhi spalancati e le labbra serrate, io e i miei spigoli, io e i miei silenzi, capace solo di seguire le azioni altrui, quasi foste i protagonisti di un reality show mondiale ma incapace di dare il mio contributo. Io guardo la vita scorrere, le persone vivere, ed resto immobile a contare i secondi che mi abbandonano, a sentirmi sempre troppo giovane o troppo vecchia per contribuire, costretta per sempre a essere tutto ciò che odio: l’inettitudine.


Dio, oggi non ho proprio idea di come spiegarmi con lui.

martedì 9 agosto 2011

Ma eravamo vivi.





Temo che la nostra conoscenza dell'argomento "amore" sia assai misera, più di quanto sembri. Nonostante le innumerevoli discussioni e variazioni sul tema, non c'è nessuno che sappia catturare il passo successivo all'innamoramento. L'abbandono all'amore è descritto spesso e spesso ricondotto al significato di amore benchè le due fasi siano assolutamente diverse, o molto discusso è anche l'abbandono dell'amore, la frattura dell'incanto, la chiusura del sipario, il distacco. Molto piacevole è anche discettare sul dissidio interiore che provoca una passione prima o dopo che sia stata soddisfatta, ma nessuno riesce a catturare quel particolare cipiglio momentaneo che assume un volto, quella scomposizione istantanea che si traduce in risoluzione e perfezionamento, quel frangersi di onde sulla scogliera in candida spuma, quel tempo apparentemente inafferrabile dove ci si è già abbandonati e non si è stati ancora scartati o confermati, quel momento esatto in cui ci si rende conto d'esser imperfetti e concreti, ma vivi, e non più soli, quando si comprende che i confini fisici sono solo formalità dettate dagli schemi mentali con cui percepiamo il mondo, che si può essere ancora più liberi donando il nostro tempo a un altro, quell'attimo dove non c'è piu distinzione tra fingere di essere ed essere davvero, quando ci si accorge che finchè si è insieme il futuro non fa più paura.
-M.

Non sono totalmente soddisfatta e sicura di quanto ho scritto. Ci tornerò su quando sarò meno stanca.
La mia pagina facebook ricomincia a crescere. Questa è la controprova che basta piacere a chi ha già tanti fan per piacere ai tuoi nuovi fan. Che assurdità, vero?

domenica 7 agosto 2011

Notturno.

Non bisognerebbe mai e poi mai romanzare la vita di una persona che amiamo o che per troppo amore abbiamo perduto, si rischia di smussarne gli angoli caratteristici o di plasmare fattezze nuove in principio inesistenti, e insistere fino a metter su un cantiere di menzogne e omissioni, fino a smarrire la chiave di volta, il collante che rendeva quella persona un essere umano e non una caricatura ridicola.
In realtà non bisognerebbe dare in pasto mai una vita alla letteratura, c'è chi crede che scrivendo si stia consacrando un Signor Nessuno alla gloria, da Nessuno a Qualcuno in sole 200 pagine, invece lo si sta semplicemente affidando a un carcere persino peggiore del mero oblio: riservandogli una sopravvivenza fittizia nell'intricato susseguirsi dei periodi lo si converte in finzione, e se siamo già noi umani l'ombra di un'ombra di un'ombra di una imperfezione figuriamoci quanto triste possa essere divenire il prodotto del pensiero di un'ombra di un'ombra di un'ombra di una imperfezione. E' una regressione, è lo sgretolamento delle percezioni, si passa dall'illudersi di poter agire andando contro il proprio destino a fare spallucce e chinare il capo seguendo il percorso preimpostato che qualcun altro ha deciso per noi.


Pensiero da districare con maggiore accuratezza, -M.

Tra l'essere e il non essere.

Non so se sia meglio crogiolarsi nel dubbio d'avere un potenziale inespresso o schiantarsi nella certezza dell'insuccesso o peggio, del successo.
Questo pensiero è nato guardando uno stupido film su un ragazzo che diventa scrittore e dopo un programma di donne che uccidono per risentimento o in preda a un raptus.
Non so quale delle due trasmissioni abbia scatenato l'elaborazione dell'opinione, è abbastanza preoccupante.

sabato 6 agosto 2011

Tutti amano il Jersey Shore.

Voglio diventare italoamericana, farmi i capelli neri e lisci, un trucco pesante sugli occhi, abbronzarmi all'inverosimile, rifarmi tette&naso&chiappe,la lipo,gli zigomi,i fianchi, indossare abiti succinti per mettere in evidenza le mie tette di gomma nuove di bisturi, bere all'impazzata, fumare a volontà, portarmi a letto truzzoni orribili italoamericani pure loro che non hanno niente di italiano eccetto il nome (e forse alcuni modi -.-? ), avere dei coinquilini dagli addominali di ferro che scopano tutta la notte e chiamano balenottere le ragazze, avere pochi neuroni, tutti in cortocircuito, fare risse dove darle e prenderle fa lo stesso, finire in carcere per guida in stato d'ebbrezza, scoparmi i coinquilini maschi quando non ho voglia di cercare altrove, andare al mare e poi a fare la manicure, indossare pantaloncini e minigonne inguinali, la disco, le orge, le altre risse, "confessarmi" di fronte alle telecamere, fare discorsi totalmente vuoti, vivere senza un domani, con la vita tra i capelli. Voglio andare al Jersey Shore, dove tutti sono così felici e tamarri, così sventati da riuscire a sfidare con coraggio ogni notte la vita e le sue regole senza temere il giudizio di nessuno.
Attorno a me non c'è nessuno che vive davvero senza pensieri.
Ognuno annaspa intrappolato nella sua piccola tragedia mortale.
Se fossi poco poco meno in gabbia anche io ne uscirebbe un ottimo racconto.
In realtà non credo che ne scriverei, è troppo personale.
Uno non dovrebbe mai e poi mai romanzare la vita di chi ama.
Ma si finisce spesso per farlo per dare un tocco di autentico al proprio pezzo. O per pigrizia.

venerdì 5 agosto 2011

"Dai troppa importanza a tutto, è sempre stato il tuo problema"

Spiegatemi che non è così. Che non si trova il coraggio di morire quando si perde percezione del corpo e della mente. Spiegatemi che non si decide di andare incontro al Boia quando non si sente più nemmeno il dolore. Spiegatemi che è solo l'insonnia a farmi vaneggiare. Io non amo soffrire, ma non so nemmeno come non soffrire. R. dice che do troppa importanza alle cose, allora mi spiegasse come smettere di tenerci così tanto.
Non è che abbia molto da dire, io vorrei iscrivermi a Pottermore al momento, ma in qualsiasi momento mi presenti su quella maledetta Homepage non c'è mai il quesito da risolvere. Alla fine chi se ne frega di Pottermore, ma se mi iscrivessi potrei finalmente essere un mago (virtuale) :(

mercoledì 3 agosto 2011

Tutti questi cd di musica indipendente da sostenere.
Ho fatto un salto su Rockit e mi sono resa conto di come proliferino in fretta.
Non posso sul serio star loro dietro, però mi dispiace.
Quest'estate credo di star riciclando il mio amore per Parigi (probabilmente è un amore ideale scatenato dall'impossibilità di visitarla e di scoprirla sporca e miserabile, non di certo la città dei romanzi dove lo strazio e l'incanto si corteggiano di pagina in pagina) per territori sconfinati dalla bellezza naturale, verde e blu, come l'Irlanda o la Nuova Zelanda. Una mia amica mi ha anche fatto venir voglia di vedere la Scozia, in realtà ho sempre avuto una certa passione per la Scozia, Harry Potter devo dire ha amplificato il tutto.
Ieri sentir suonare la canzone dell'amor perduto mi ha portato indietro di qualche anno. A volte non si vorrebbe avere dei circuiti così funzionanti nel sistema nervoso, si rischia di impazzire. Per il resto la mia vita scorre senza particolari interessanti, ho voglia di viaggiare e di perdermi e di ritrovarmi libera, se proprio devo ritrovarmi.

martedì 2 agosto 2011

venerdì 29 luglio 2011

Per P.








Sorridi al vento che ti accarezza la barba, i capelli si riempiono di bagliori luminescenti, c’è il mare che si scontra con il bagnasciuga va tutto bene anche se la bandiera è rossa. Le onde sono tori infuriati, sentieri di impronte che si inseguono e ti inducono a seguirle, una donna e il suo scialle, una donna con le gambe lunghe e abbronzate che sfuggono da una gonna che si gonfia di vento. Osservi le dita dei suoi piedi, sono loro a plasmare i granelli, è l’estate africana del suditalia, gli occhiali da sole, i marocchini che sorridono e ti strappano sempre meno di quello che chiedono, gli ombrelloni gracchiano come cicale, ti domandi se rimarranno infissi nonostante tutto, radicati come querce. Ma non c’è tempo, mangi un ghiacciolo, il mare cola a picco nei tuoi occhi, abbiamo visto un film e ora ne stiamo guardando un altro, ma non indossi più gli occhiali per il 3D, adesso ti basta roteare gli occhi per sondare le dimensioni, e non paghi il biglietto, o forse lo paghiamo ed è troppo caro per non dividere in rate, e le rate sono protratte per anni, e tu sei troppo giovane e troppo intelligente per non capire che saranno i debiti a ucciderci, gli anni sono solo contingenza. Mi sorridi e mi sciolgo nonostante la brezza marina mi faccia rabbrividire, non troviamo un ristorante dove sostare, non troviamo più la macchina, non c’è centro in questa città, solo biciclette e uomini di mezza età che si concedono un gelato, e cagnetti rachitici che portano a spasso bagasce tramortite dal sole morto, le labbra rosse di trucco, osservi i loro occhi da insetto e mi chiedi con quel sorriso di non diventare come loro, piuttosto di trasformarmi in una ragnatela di rughe, è inutile nascondere l’umidità con la carta da parati, l’acqua corrode tutto, vedi queste onde che oggi divorano la spiaggia, mi chiedo se un giorno anche il mio sangue ribollirà di onde violente e farà piazza pulita delle mie membra. Ma per ora non c’è di che preoccuparci, godiamoci questo giorno di vacanza strappato agli esami e alla non estate, godiamoci i tuoi cento euro che non si sa come hai recuperato, mi dici che potrò avere tutto quello che voglio, è una giornata speciale, non hai nemmeno con te un libro per studiare, io non ho con me i miei timori, camminiamo nel vento stringendoci per mano. E la città sembra meno ostile, ci sono romanzi che sorridono dalle vetrine, caramelle gommose attorno a cui ronzano mosche stonate, se vuoi da lontano si vedono pure sirene e pirati, e un giorno la mia pancia marcerà su Roma e conquisterà il mondo, per ora è solo la speaker radiofonica di una stazione sfigata, ma ha anche un sito web, e si farà crescere il pizzetto. Mi dai un bacio per dirmi arrivederci, ma dopo tutto questo tempo sembra brutto come un addio, l’ultimo giorno si è svolto come il primo giorno, la ripetizione sembra scandire e incamerare nel passato questo lasso di tempo, sembra dire: inizia un nuovo capitolo, un nuovo ciclo, e chissà come sarà, per questo non vorrei che la mezzanotte arrivasse, il nuovo giorno però arriva e ci coglie impreparati, tu tra le mie ciglia perennemente fradice, la mia bocca sulla tua gola quasi a volerla recidere, è una danza malinconica quella che ci unisce, ti guardo mentre dormi e non chiudo occhio tutta la notte per poterti cullare con gli occhi, ogni tanto se mi avvicino mi stringi e ti riaddormenti, al risveglio è già iniziato il nuovo ciclo e non ci sono più carezze, il nostro è un arrivederci che si rompe in litigio, la mattina scendi ringhiando, mi mandi a fanculo, ti ho fatto incazzare, la tua macchina sussulta e si risveglia piano. Io ti volto le spalle piangendo forte, mi siedo sul letto, le dita sulle ciglia; inizio a contare quanti giorni compongono l’abisso, quando potremo scusarci a dovere, amarci a dovere.
Comincia così la mia estate, la mia vita senza te.

giovedì 28 luglio 2011

Sto leggendo un romanzo, dopo così tanto tempo.
Sto leggendo un romanzo.

lunedì 25 luglio 2011

Io ho vent'anni cazzo, quasi ventuno, quando cazzo posso vivere????
QUANDOCAZZOMIFARETEVIVERE????

Delirio.





Nella mia vita ci sono più attori di una soap opera.
Ho voglia di strappare le loro maschere, distruggere la simmetria perfetta dei loro visi incipriati, sfumarne il rossetto così che sembri una ferita stillasangue sulle labbra tumescenti, ho bisogno di distruggere quelle ciglia incurvate verso la menzogna, di recidere la giugulare, di sporcarmi, di fare piazza pulita, e no non ho istinti omicidi, ho voglia di prenderli a schiaffi, o di prendermi a pugni, o forse ho voglia solo di scopare. Io non ho istinti omicidi, non so nemmeno picchiare la gente, non so nemmeno litigarci, sono talmente repressa da risultare spostata su molti fronti. Ho perso la testa, sono preda della rabbia, ho sempre desiderato di essere il contrario di me stessa, invece sono ingabbiata nel mio cliché, genuflessa dinanzi alla mia ombra, costretta anche io a recitare mio malgrado un copione che non ha più niente del canovaccio fatale che ci insegnano a temere e venerare, sono la pessima imitazione di una pessima imitazione di una maschera/persona, costretta a giostrarsi tra attori che ormai si sono incollati la maschera alla faccia, non hanno più labbra né occhi né denti, solo contorni sintetici e ciglia sintetiche e labbra vermiglie che si riflettono nel buio. Sono l'unica idiota che ancora preferisce le imperfezioni e la decadenza alla bellezza e alla resistenza.
E oggi voglio picchiare qualcuno, o annientarmi.
Dovrei studiare, dovrei mandarli tutti a puttane, dovrei mandare a fanculo anche il cervello, ma al momento non funziona nemmeno scrivere a calmarmi e quindi pongo fine a questa litania e sparisco di nuovo, nello schifo della mia vita reale, che è la copia orribile di qualcosa di già orrendo.

domenica 24 luglio 2011

L’odore della pioggia oltrepassa le ringhiere, i vetri appannati, i costumi appesi, le stridule casse del televisore. Tra le bocche dei giornalisti, tra gli occhi assenti senza sguardo, nel blabla del telegiornale che riempie lo spaziotempo, scroscia a fiotti in un frastuono di grancasse, un collasso emotivo, ritornare infanti, ritrovarsi innocenti, ricadere negli abissi del liquido amniotico dagli irreali silenzi. A volte, seduta accanto alla finestra con troppa pelle esposta per non sentire freddo, annuso come una fiera in cerca di prede quella fragranza d’acqua e mattone, un groppo in gola tra le notizie che scorrono. Allora l’inquietudine è come assopita, il dolore si decolora, la panacea stilla in gocce, scivolando sul balcone a vestire la resa di un animo che per troppo tempo si è dimenato tra le ombre e che ora chiede requie.

Fa un po' schifo, è artificiosa, ma volevo scrivere qualcosa in onore della pioggia che dopo mesi si presente qui a L.

La città delle biciclette.

Se solo avessi saputo prima
dell'arrivo della fine del mondo
mi sarei vestito meglio stamattina.
Se solo l'avessi immaginato
mi sarei fatto trovare molto,
ma molto più ubriaco
di così.


Savonarola- La fine del mondo a Ferrara.
G. Canali.


Mi ronza in testa da giorni.
Mi chiedevo: ma quando se ne andrà in pensione Rita Dalla Chiesa ?
Non se ne può più per davvero.
Falsa moralista et odiosissima buonista fino all'osso, voce insopportabile.
Forse non dovrei più guardare Forum, ma stamattina in tv danno solo questo.

venerdì 22 luglio 2011

"Perchè l'altra volta ti hanno bocciato all'esame?"
"Mi sono bloccata purtroppo e non ho aperto bocca"
"Ma questo non è un atteggiamento corretto, guardati! Con quel muso lungo, ma quale paziente si presenterebbe da un medico così. Se piange il medico figurati il paziente!"
"Lo so, ma purtroppo sono ansiosa e insicura"
"E perchè lo sei?"
"Perchè soffro di scarsa autostima"
"Fatti aiutare, veramente, fatti aiutare"
"Sì, provvederò".

Alla fine dei miei esami i professori hanno sempre qualcosa da ridire riguardo la mia incapacità di relazionarmi alle sfide senza ridurmi a uno straccio.
Vi è mai capitato di fare scena muta a un esame e dopo pochi giorni di prendere un voto molto alto nella stessa materia pur non avendo variato niente in quantità e qualità delle pagine effettivamente studiate sulle totali?
E' la seconda volta in 3 orali che il professore mi fa la predica.
Voglio diventare una persona sicura e determinata.

sabato 16 luglio 2011

Ci sono ombre che mai mi lasciano.




A volte ti rivedo con gli occhi trafitti di luce cerulea posato e ingombrante, forse seduto su una panchina che non mi ha mai ospitato. Osservi le macchine, i sospiri dei clacson, l'andirivieni sfrenato delle code ai semafori, lo scatto rosso verde arancio, ti sfiori la punta del naso, ti trema un po' la gamba, ma resti accasciato, la sinfonia dell'inverno, è ovvio immaginarti d'inverno, circondato dal caos postmoderno e dall'ossimoro dei palazzi rinascimentali. A volte ti vedo con i capelli lunghi fino alle spalle in un cappotto pesante che imprechi contro le statue a tarda notte, ti scappa da ridere, ti scappa da piangere, e pensi a lei e poi pensi alla lei che hai perso e mandi tutto a cagare, e poi lo fai anche con me ma ormai non è più un brutto ricordo è solo un ricordo qualunque, e scatti una foto teatrale da spedire a chilometri di distanza, solo per strappare un sorriso, o molto meno. Nello scrosciare delle chitarre, nel trafficare delle ombre, la mia borsa che diveniva un pozzo infinito, il cellulare rimpiccioliva tra fazzoletti e cartacce, mi batteva il cuore a mille, avevi qualcosa che mi incantava come mai era successo prima. A volte ti immagino ancora, quando penso di aver perso ogni piacere nel ricordarti mi ritrovo a cercarti, ma non per riallacciare i rapporti o per implorarti di tornare, è un modo per rispettare il passato e maturare, mi perdo nei pensieri perchè ormai è solo nel non luogo che posso dialogare con te e domandarti se stai bene, e se ancora qualche volta ti innamori.
Se questo è davvero il migliore dei mondi possibili
E io sono la migliore delle me possibili
gran bello schifo che è il possibile.

martedì 12 luglio 2011

Devo aver combinato un qualche casino con gli account. Ora ho due gmail, una per il profilo Google+ e una per il blog. Ma quanto posso essere sciocca? Non c'è un modo per utilizzare la mail di Google+ con questo blog? Una sorta di fusione? Help me, please.

Se il mio cervello fosse un IPOD questo sarebbe il risultato di una Riproduzione Casuale.

E le occhiaie traballano, le pupille si stancano. I capelli si sfaldano e sciabordano nella doccia, i momenti migliori di queste giornate di EN gocce sono quelli passati a farsi la doccia, a vedersi sfiorire a poco a poco, qualche crine bianco, lo stress ha portato via anche i colori. Qualche volta quando sembra che il peggio sia passato mi stendo sul letto e sogno di locali immaginari della Parigi moderna che si chiamano Flut e hanno le porte grigie e l’insegna rossa, e sono popolati solo da ombre di persone che sorseggiano qualcosa, forse caffè perché è mattina presto. Sono tutti di spalle me compresa, tranne F, che colpevole solo di questo viene malmenata dalla cameriera, e io la guardo impotente, e torno alla vita costretta dalla sveglia, ero in fase REM cazzo, sai da quanto non mi capitava di dormire quel sonno che ti sembra di star precipitando nel fosso più profondo che la Disney abbia mai creato, tra ombrelli e mobili capovolti, e riviste di cultura e tazzine di tea e marmellate per sedare le ansie di un topino sciupato. I periodi s’allungano all’inverosimile, non mi sono mai bastate le parole, invece sono giorni di un silenzio carico e tetro, mi si rompe in gola in un pianto timido, nessuno lo può sentire perché le reazioni altrui sarebbero esagerate. Chi a gridarmi di smetterla con la tragedia, chi a compatirmi e a dirmi che se fa così male il gioco non vale la candela. Ma chi stabilisce quali sono i prezzi della merce, io confido che pur se dovessi smarrire per sempre il senso avrei comunque scelto il giusto, il mio futuro, l’unica cosa certa che ho al momento è che devo passare un inferno prima di laurearmi perché sono incapace di controllare i miei mostri, sono stupida come Pandora, ho fatto di tutto perché il vaso si schiudesse e ora non ci sono medicine o liturgie che possano lenire la mia pena, sconfinato il mio terrore. Dev’essere così che ci si sente quando si vive al centro di un ossimoro, schiacciata tra gli estremi di due contrari. A volte avrei solo voglia di avere abbastanza palle da inforcare un paio d’ali e buttarmi nella mia campagna verso il sole, probabilmente finirei anche io a bruciare come le stelle che si stanno spegnendo, ma come mi hanno insegnato è meglio scottarsi alla luce del reale piuttosto che vivere inermi con i polsi, le ginocchia, la testa fasciati anzitempo.
Se il mio cervello fosse un IPOD questo sarebbe il risultato di una Riproduzione Casuale.
-M.

lunedì 11 luglio 2011




E' un incontro di giunture oleate male
di ossa fragili e capelli deboli
è un incontro di cervelli instabili
di psicosi e decisioni labili
è un incontro di ossessioni
di malumori stagionali
di secrezioni ghiandolari
erezioni inopportune a sigillare
quant'è squallido esistere
un incontro da scordare
un incontro inutile
di repressioni
ricadute stilistiche
posizioni classiche o
acrobazione anticanoniche
la memoria si sfalda, la ragione s'annacqua
le incomprensioni nella pioggia invernale
s'annullano, panegirico dell'effimero
un incontro tra due miserabili
destinati a fallire e a non arrendersi
un incontro per
perseverare in mille sconfitte identiche
replicare per continuare a illudersi
è un incontro di caos che non combaciano
un incontro mentre le macchine sfrecciano
e la folla sembra così lontana
gli anabbaglianti accesi
i mille pedoni abbigliati male
un incontro tra due insofferenti
un incontro solo per far del sesso
un incontro per festeggiare l'attimo
per guardare nei suoi occhi gli infiniti specchi
delle vetrine gravide d'anticaglie
e vedere la capitale liquefarsi
nel rosso dei catarinfrangenti inutili
un incontro per non sentirsi abbandonati
tra i mille volti anonimi che sorpassi in fretta
un incontro per combattere la dipendenza
dal cervello che martella compra/scopa/crepa
un incontro perchè un bacio sfoci in violenza
un incontro per dissotterrare le proprie percezioni
un incontro tra due corpi impazziti
un incontro di arti contratti
un incontro perchè la notte è giovane
e lei, una sconosciuta, tu lo sai,
non è mai stata così bella
un incontro solo un incontro perchè tu
uno sconosciuto, e lei lo sa,
non sei mai stato così solo.
-M.
L'orgasmo che ti provoca il riuscire a completare un sudoku con grado di difficoltà pari a 5.
Ah.

domenica 10 luglio 2011

Io non capisco com'è cominciato. Anzi, come è ricominciato dovrei dire. Perché non è la prima volta che mi lascio piegare dal bordello che ho nella testa.
A dodici anni il mio primo esaurimento, e ora, circa nove anni dopo la vendetta.
Almeno credo.
Io non so proprio come fare.
Solo che quando sono in me ho l'ansia, e quando prendo i tranquillanti mi sembra di avere il cervello imballato nell'ovatta.
Ho cercato in un sito quale disturbo potrei avere. A parte la comprovata ansia, sono un po' ossessivo compulsiva e un po' ho quel disturbo del cibo che mi porta a grandi abbuffate ma senza poi il rigetto del pasto.
Sto cercando di uscirne, ma mi dimostro come al solito inadeguata.

giovedì 7 luglio 2011

Amleto.







Lo spirito di conservazione è più forte di tutto il resto?
Allora perché ci condanniamo a finali tragici anzitempo?
Premeditare la propria morte, immaginare il mondo senza di noi, vedersi stesi in una bara per far la conta di quante persone si presenteranno al nostro funerale, chi non l'ha mai fatto? Ma perché vogliamo essere a tutti i costi i protagonisti di una tragedia greca? Certo, siamo più modesti dei personaggi dei grandi drammaturghi a parte quei simpaticoni che infestano le trasmissioni di approfondimento sulla cronaca nera a tutte le ore, ma in noi c'è qualcosa di sbagliato che ci porta a bruciare in continua tensione tra voler vivere e ambire alla morte più ripugnante, come se questo potesse dilatare il tempo in Avanti Noi Stessi e Dopo Noi Stessi.
Non so perché mi sia trovata qui a parlarne, stavo studiando cercando di negare l'ansia scrivendo su facebook del camion della verdura che gridava che c'erano angurie grosse come bombe a mano, mi faceva ridere il modo in cui lo diceva. E invece eccomi qui a generalizzare sul mio modo di fare, costringendovi a indossare le mie stesse perversioni, il mio stesso sciocco egoismo.

mercoledì 6 luglio 2011

Nel frattempo non controllo più l'ansia, la muscolatura liscia dei miei organi cavi è in continua tensione e non riesco nemmeno ad arrivare a fine giornata senza una qualche crisi isterica. E' come se mi mancasse l'aria, e il tempo, è come se stessi per crollare e disfarmi spuma.
Devo entrare in terapia ma non è facile accettare la propria umanità miserabile senza dover mettere da parte il pudore.
Ho provato anche a scrivere, ma per stasera niente.

Cose che mi indignano.

Odio che in televisione vengano trasmesse le partite di poker. A questo punto voglio che si fumi nei locali, che l'alcol e le droghe vengano legalizzate. Sono tutte dipendenze queste, ma alcune sembrano favorite e volute dallo stato. E' orribile.

giovedì 23 giugno 2011

Non riesco a smettere di piangere. Questo da circa una settimana.

martedì 21 giugno 2011

Guanciotte di Frutta (?)





Quello che odio di più è deludere le aspettative.
Chi lo stabilisce che sono brava?
Lo sono stata in passato, nel fantastico paese delle illusioni.
Ora mi sento smarrita, chi mi è vicino mi ripete quanto io sia incapace di sopportare lo stress dell'università, o quanto sia impedita nella pratica (in ogni ambito della vita sociale) e mi dice che dovrei pensarci su, un medico deve avere una buona mano, io dico che prima di tutto deve avere un buon cervello (e, emh, cervello = mente+cuore)
Chi mi incontra casualmente si sente in diritto di dirmi che aver lasciato quella scuola è stato un grossissimo errore, che dovevo continuare chissà dove sarei arrivata, e una smorfia modifica i loro lineamenti quando mi scuso dicendo che 10000 euro all'anno più affitto mensile più spese non si trovano sotto al letto e che dove mi trovo ora c'è tutto ciò che mi serve per imparare senza scialacquare il conto in banca. Ognuno dice la sua, c'è chi mi celebra senza conoscermi o solo in base alle vicende pregresse, e chi mi butta a terra aggrappandosi alla mia goffaggine.
Io invece vorrei soltanto che il mio cervello riprendesse a funzionare, e a memorizzare, a capire, a farmi sentire un gradino più sopra la spazzatura del reale.
Se c'è una cosa che detesto è deludere le aspettative, soprattutto le mie.

P.S. : devo smettere di fumare, mi fa stare da schifo.

lunedì 20 giugno 2011

Pappappapà.

Per quanto ne sappia al momento, potrei essere benissimo io la signora Mosby.

P.S. : Ma amh !!!!

domenica 19 giugno 2011

Sono drogata di How I Met Your Mother. E' diventata una vera e propria dipendenza, non riesco a fermarmi.
E poi sì, dopo la serata alcolica di ieri ho i sensi di colpa e mi ripeto che devo dimagrire per farmi meno schifo.
Ogni volta che raggiungo un risultato, per quanto misero, tendo a festeggiare buttandolo all'aria.
Sono la solita incapace nello studio.
E non so nemmeno tenere un blog, è per questo che preferisco scrivere di altri personaggi piuttosto che di me, non sono interessante, sono certa di non esserlo, come posso far pensare a voialtri che io lo sia?
E' tutto. Alla prossima.

mercoledì 15 giugno 2011

Ogni tanto conto le dita dei miei piedi per assicurarmi che siano effettivamente cinque per arto. Colleziono bottiglie mezze vuote trasformando camera mia in una discarica prima di raccoglierle, terminarne il contenuto e buttarle. Mi dico che domani andrà meglio poi persevero nei miei sbagli e nell'indolenza più violenta.

domenica 5 giugno 2011

Non sono morta, sono solo intrappolata.

Che brutto essere solo cartilagine ialina. Prima vivi nel tuo ecosistema di collagene e proteoglicani parlottando con cellule che ti sono sorelle e poi improvvisamente cominci a dividerti, sempre di più, incolonnandoti con la tua stessa prole e poi a ingrossarti, diventi sempre più gonfia e appesantita, produci matrice e questa mineralizza e in men che non si dica ti ritrovi confinata nel materiale inorganico nell'impossibilità di essere nutrita perché non sei vascolarizzata ed essendoci fosfato e calcio ovunque non c'è modo di venir raggiunta dai metaboliti. Così muori e condroblasti o osteoclasti (non ho ancora ben capito chi dei due ) vengono e ti degradano, e il buco che tu hai lasciato viene occupato da cellule di derivazione mesenchimale per metà osteoprogenitrici e per metà di emopoietiche che formeranno rispettivamente osso non lamellare a fibre intrecciate e poi lamellare, e midollo osseo. E di te che resta? Nemmeno il vuoto.

Per la serie : che gioia.

lunedì 16 maggio 2011

Ho capito che non sei importante per me, e che non sei mai stato mio amico.
Non parlo di te, P, tu lo sei.
La 0.5 fa sempre bene, e se Renga canta con la pioggia ancora di più.
Io non ho amici, ho solo un branco di idioti tra i piedi, e pendono dalle labbra di una puttana conosciuta in tutto il circondario.
Spero di trovare la forza di fare quel maledetto tirocinio e di accettare il fatto che tutti deridano il mio peso, anche se questo significherà vivere di merda all'università. Come se già non vivessi di merda.
Spero che un deus ex machina risolva i miei problemi, ma solitamente questo avviene solo nelle tragedie greche, e la mia vita credo sia molto peggio di una sciocca tragedia splatter.
Piromani si muore, ma se sei al mio fianco sarà l'eutanasia.

venerdì 13 maggio 2011

Occhi Bassi.





Il problema è che la mia espressione è sempre abbastanza truce. Tengo solitamente il capo basso, possibilmente affondo nelle orecchie piccole auricolari collegate a un ipod dal vetro spaccato. O comunque sfoggio un evidenziatore tra le dita, e sulle ginocchia sorreggo un libro. Non mi scompongo se nel viaggio sembra che un Eurostar ci travolga, io continuo a fissare il libro, o a cercare la canzone che possa rasserenarmi, o il cellulare. Io ho timore e vergogna del contatto visivo, e se mi capita di dover fissare qualcuno negli occhi arrossisco, o lascio cadere lo sguardo, o fisso un punto vicino risultando strabica. Gli estranei li fisso giusto un attimo, con il mio sguardo truce che nasconde l'imbarazzo e la voglia di scappare, poi torno al libro. Soprattutto la bellezza provoca la mia ritrosia, ancora di più quella degli uomini che trovo attraenti mi porta al silenzio tombale e all'infierire sulla povera cervicale in flessione, che probabilmente ho già del tutto storta.
Non so come mai ci abbia pensato proprio ora, avevo bisogno di uno stacco dallo studio scientifico. Maggio e medicina non sono fatti per stare insieme, ma in un modo o nell'altro devono imparare a convivere.

martedì 10 maggio 2011

Stavo pensando: e se le strade non fossero state create per unire, ma per dividere?
Forse le persone non erano felici dove si trovavano in principio, le hanno solcate per fuggire via.

sabato 7 maggio 2011

Sto sprecando la mia giovinezza in tutto e per tutto.
A marcire in casa aspettando che le cose vadano al loro posto guardando sciocchi film per farmi venir sonno.
A soddisfare e sopportare i capricci di chi mi è intorno.
A chiedermi se quello che ho scelto sia stato poi davvero giusto.
Dovrei essere lungimirante, dovrei smetterla di sguazzare nel terrore e nella compassione verso me medesima, dovrei mirare in alto, non accontentarmi sempre, dovrei sopportare e non cercare di stroncare il dolore e la frustrazione. Avrei dovuto lasciare che il tempo facesse il suo corso, mi sarei adattata a ogni condizione.
E invece sento di essermi accontentata, in tante, troppe situazioni. Ingabbiando la ragione, dando del sensato a ciò che non aveva nulla di logico.
Mi sono scavata la fossa con le mie stesse mani e solo ora me ne sono accorta.

Delucidazione per scrupolo.

La Schiuma dei giorni non è un titolo di mia invenzione, è il titolo di un romanzo di Boris Vian di cui devo ammettere, mi è piaciuto solo il titolo.

Cassandra che se ne va via nuda e senza sopracciglia (cit. C. Palahniuk)





È un concetto che probabilmente rubato a Baudelaire e a molti altri letterati del passato quello riguardo la mia concezione di Bellezza. Io posso solo replicare dicendo che non ho una colpa se sono nata solo nel 1990, quando tutte le carte erano già lanciate in tavola. Ebbene io trovo che non ci sia nulla di più languido e affascinante di un viso malinconico e inconsapevole di sé. La bellezza che non riposa sugli allori certa di venir elogiata, la bellezza che sta in sordina e che allo specchio non si riconosce, la bellezza che di sé si duole, senza percepirsi né identificarsi. Forse confondo la bellezza con l’innocenza, la rosa con il bocciolo, ma non concepisco qualcosa che sia bello senza aver mantenuto la sua incorruttibilità. Quando tutti i vizi vengono smorzati con concessioni e privilegi, la bellezza diventa prepotente e mi pare che sfumi, divenendo una sua pallida ombra, una maschera illusoria. All’innocenza si deve aggiungere la malinconia, lo sguardo solitamente basso, le pupille fiere che se si fissano su altre dardeggiano, bruciandoti viva. Possibilmente capelli rossi e pelle di neve, per aumentare il pathos. Vedere un viso consumato da una qualche tragedia reale o immaginaria è qualcosa che colpisce chiunque, che fa orrore o stupore, o pena, un’idea che non ti abbandona pure se tenti di respingerla. La bellezza è una chimera dalle mutevoli forme combinate insieme, non riesci a comprenderla se la osservi nel complesso, devi soffermarti sui particolari, occhi, bocca, ginocchia, scapole, promontorio lombosacrale, capelli, ciglia, nei, incavo tra le clavicole, e anche allora sarai spaventato e sicuro di non riuscire realmente a intendere razionalmente ciò che ti ha colpito. Insomma per me la bellezza è qualcosa di malaticcio, consunto, pallido e perennemente depresso, inconscio e represso, un uragano in bottiglia che attende solo di scoppiare e fare piazza pulita.



*Invece la mia concezione di fascino è la donna tipicamente sfrontata, pronta a tutto, matta da legare , malata d’amore per un uomo che non la ricambia o che la sfrutta o che le fa del male, pronta a puntarsi una pistola alla tempia pur di risolvere i suoi problemi, una di quelle dagli occhi stralunati e dalle labbra rosse, dai capelli anni Venti-Trenta-Quaranta, dai vitini a vespa e dalle psicosi galoppanti. Lo scrivo qui per non dover scrivere un post solo su questo, già descrivere la mia idea di Bellezza è stato più noioso di quanto mi aspettassi, figuriamoci dover fare di nuovo qualcosa di simile. Che poi era più divertente parlare di donne psicopatiche piuttosto che di donne innocenti, a nessuno piace essere buono, nessuno lo trova interessante almeno.
* In aggiunta : io dell’uomo non so molto, conosco meglio le donne perché sono sempre stata bloccata dalla bellezza fisica o interiore degli uomini (ma esiste quella interiore degli uomini? Ok, momento cinico, certo esiste, solo che la nascondono molto bene ) deve esserci un qualche disturbo mentale legato a questo particolare o sono semplicemente molto timida, per questo idee come la bellezza e il fascino le ho collegate immediatamente all’idea di donna. O questa è omosessualità latente (?).

venerdì 6 maggio 2011






Ma forse un sorriso io l'ho regalato
e ancora ritorna in ogni sua estate
quando la guidai, o fui forse guidato
a contarle i capelli con le mani sudate.

Fabrizio De Andrè, Un Malato di cuore.


E alla fine di ogni preghiera
Contava una vertebra della mia schiena.
Fabrizio De Andrè, Il sogno di Maria.

Seppelliva sua madre in un cimitero di lavatrici
avvolte in un lenzuolo quasi come gli eroi
Fabrizio De Andrè, Canzone del Padre

(I tuoi occhi) ormai buoni per setacciare spiagge con la scusa del corallo
O per buttarsi in un cinema, con una pietra al collo.
Fabrizio De Andrè, Verranno a Chiederti del nostro Amore

Digli pure che il potere io l'ho scagliato dalle mani, dove l'amore non era adulto
e ti lasciavo graffi sui seni.
Fabrizio De Andrè, Verranno a chiederti del nostro amore.

Eri poesia.

giovedì 5 maggio 2011

Le Ragazze Con Cui Esco Hanno Tutte Un Incubo Nel Cassetto (cit.)





Sto seriamente pensando di farmi rimpicciolire per poter visitare il corpo umano. Deve essere spassoso tra microvilli e ciglia vibratili, una specie di acqualand dove tutto è possibile, perfino venir digeriti da qualche simpatico enzima. Oggi un tipo bizzarro ha fermato la mia coinquilina e le ha mostrato la sua capacità di memorizzare, in circa 40 secondi , una ventina di cifre sparate a caso da lei. In casa è scoppiata così la curiosità di partecipare a questa miracolosa dimostrazione sul potenziale nascosto in noi che, una volta venuto alla luce, ci permetterà di superare gli esami con uno sforzo minimo ottenendo un successo imprevisto. Trova il modo di rinvigorire la tua memoria e sarai un 110 e lode, questo è il senso. Sinceramente sono scettica, credo sia solo l’ennesima buffonata per deprivarci del nostro già scarso denaro, e poi ho già da pensare alla bolletta, e la mia memoria è già abbastanza frustrata, non potrebbe sopportare l’ennesima umiliazione. Nel frattempo è una giornata soleggiata e tutto va bene. La sera scorsa ho rischiato di morire, non so se il mio termometro è andato o se sono io incapace o se fosse vero, ma la mia temperatura era di 35 gradi. Io penso di aver avuto qualcosa, ho passato la notte sono strati di coperte insonne per timore di non risvegliarmi mai più e vaneggiando, alternando momenti in cui mi sentivo svanire a altri in cui pregavo che il sole sorgesse. F. ritiene sia colpa dell’ansia, io non ancora ho deciso di affrontare questo problema, per ora guardo tv spazzatura e penso agli esami il minimo possibile per stare a posto con la coscienza. Dovrei sentirmi continuamente di merda, dovrei continuamente provare repulsione per me stessa e per la mia ignavia per passare questo periodo supportata dalla volontà di dimostrare a me stessa che posso superare anche l’inerzia che mi attanaglia, invece no, ripenso a quanto fossi brava e sveglia ai tempi in cui ero una adolescente, a quali pensieri profondi arrivassi, ai chilometri di fogli scritti e letti, alle interrogazioni impeccabili, soprattutto però ripenso a quando la mia mente pareva vergine e incorrotta, non preda degli acciacchi e dell’insonnia, non istupidita da chissà quali illusioni, dalle sigarette e dall’alcol. Erano bei tempi, firmerei per tornare indietro. Chi l’avrebbe detto che in tre anni mi sarei ridotta a questo catorcio perennemente scontento e sconfitto. Quindi sì, lo ribadisco, maturare per me significa tendere al marcio, e non progredire né superarsi, è come ricadere ciclicamente nei propri sbagli, è come annientarsi, è vivere nella nebbia e nello stallo,seguitando a ferirsi, è sopravvivere nell’incapacità di vedere delineato il proprio futuro. La vera crisi non sta tanto nell’adolescenza, il vero dramma inizia più tardi, quando non si hanno ginocchiere e parastinchi da indossare, quando nessuno ti conosce per nome, quando i tuoi occhi e i tuoi passi e i tuoi dubbi restano solo ombre indistinte nel marasma mefitico di una città che non ti appartiene.
M.

martedì 3 maggio 2011

Dicono poi che mentre ritornavi, nel fiume chissà come scivolavi.




Ho lasciato le tapparelle serrate per impedire al nuovo giorno di invadere camera mia. L’assenza di tempo è ribadita dall’aver mandato al diavolo il cellulare, e l’orologio. Ostento indifferenza al tempo come posso, trascurando lo studio e il mio viso sempre più diverso dall’immagine che ho di me stessa e ignorando il mio corpo che vorrei fosse d’un altro,gli abiti macchiati di sugo, gli odori impressi in questa stanza che parlano di quando ci amiamo in silenzio o fumiamo fino allo spasmo, e le voci che si rannicchiano nella mia testa,e le penne che non sanno più scrivere, e i sospiri di quest’abitazione tentacolare dalle fondamenta instabili. Mi sembra impossibile che maggio sia arrivato travolgendo tutto. Sono di nuovo incapace di vivere, di scegliere, pertanto mi astengo e spengo il televisore, e il cellulare, e non leggo cosa ci sia sull’angolo destro del desktop, fingo di non star correndo, mi impongo una pausa anche se non c’è tempo, è come trattenere il respiro è come esplodere dentro, frugando nel ricordo, affogando nell’assenza di un senso, consapevoli che vivere morire ragionare o agire siano tutti aspetti mutevoli di uno stesso identico dramma irrisolto.

M.

lunedì 2 maggio 2011

A quanto pare l'unico scopo degli Italiani nei giorni seguenti il matrimonio di William e Kate è stato iscriversi ai gruppi sull'argomento che fossero in inglese per insegnare al resto del mondo cosa significa Pippa nel linguaggio di strada.

martedì 26 aprile 2011



A volte non so bene cosa provo davvero, pertanto cerco di non pensarci.
Ho bisogno di far chiarezza su di te, soffrirei nel farti soffrire.
Eppure temo che non durerà, purtroppo.



*Nel frattempo i miei capelli in teoria dovrebbero essere usciti simili a quelli nella foto. E rossi. Invece non sono niente di tutto questo.

lunedì 25 aprile 2011

Mi innamoravo di tutto.





Mi è capitato di innamorarmi delle parole di sconosciuti, in chat.
Non importava il loro sesso, dopotutto le anime non hanno peli pubici, amavo i cerchi e le mezze lune e gli archi e le chiavi che disegnavano sullo schermo pallido del computer quando a fine giornata ci incontravamo in un non mondo sospeso nei secondi per raccontarci che colore avevano i nostri occhi, quella sera.

Parlavo senza pudore con una ragazza bizzarra che dal lunedì al giovedì amava le donne, fino alla domenica gli uomini, ma tutti i giorni s’innamorava dei particolari, e per suggellare i momenti, per imprimerli davvero nella memoria li fotografava. Non capivi mai bene di cosa si fosse innamorata se guardavi al complesso della foto, dovevi ricercare il punto dell’oggetto che le illuminava i denti candidi, erano cocci di tazze sbadate collise per terra, erano foglie trafitte dalla luce, e la buccia d’arancia frantumata accanto a una tavoletta di cioccolato, era l’odore che potevi percepire anche senza trovarti fisicamente in un bosco era il frastuono delle bocche dalle smorfie camaleontiche, i passi di artisti sciancati che si contendevano il corridoio nelle metropolitane, il tanfo di una puttana usurata dalla notte, e le ciglia gentili della sua ennesima amante. Lei parlava in modo bizzarro, a volte pensavo ci si mettesse d’impegno. Il suo era un ermetismo anticanonico, il suo scopo non era celare un messaggio ma quanto prenderti in giro e parere più artistica. Ma io le volevo bene lo stesso. Si chiamava B, e aveva diciotto anni.

Mi sono innamorata di M. e questo accadde quando avevo già amato le parole di L.. Lei incarnava la poesia e la tragedia. C’erano persone che si spacciavano per tragiche e disdicevoli attorno a noi, ma erano banali imitazioni del reale, come quei vini da due soldi che ti spacciano per ambrosia alle feste di paese e alle rimpatriate festive. M. assomigliava a un gatto, elegante e spietato, se ne stava all’ombra, ti fissava con i suoi occhi scuri mediterranei, occhi ereditati dai secoli trascorsi, pareva forte come un uragano, ma celava all’interno una dolcezza imbarazzante, passavo le notti a trovarle soprannomi amichevoli, a spiegarle i miei dolori adolescenziali, e lei mi spiegava cosa significasse vivere dei problemi reali, e non passeggiare sulle nuvole e provare il piacere voluttuoso di immaginare una caduta nell’abisso. Quando leggevo le sue poesie le ripetevo spesso che avrei voluto pubblicargliele semmai avessi trovato del denaro da spendere, noi ci spacciavamo tutti per scrittori e artisti sfatti, ma ho sempre pensato che l’unica capace di vivere per scrivere potesse essere lei. Aveva qualcosa di Baudelaire, ma la trovavo cocente come Montale, malinconica come nessuno, e incarnava alla perfezione l’idea che ho della Sicilia, la sua terra, e l’avrei immaginata come una giornata d’arsura, di terra rossa, di limoni grossi come cocomeri, di muriccioli arroventati, una di quelle giornate in cui la tua macchina va in panne e tanto che ci sei ti metti a far l’amore ma poi qualcosa va storto e uno dei due amanti cade in acqua e affoga e l’altro lo lascia morire incredulo con in mente il sogno di potersi struggere per sempre, di cambiare casa, cambiare nome, di finire in pianura nella nebbia a tracannare vino e sfondarsi i polmoni di fumo. M. mi faceva pensare a questo.
E infine vi parlerò di lui, L. l’indimenticabile L.

Da bambino m’innamoravo di tutto, potrebbe essere l’inizio di questo paragrafo. Quando iniziai a frequentare il web seriamente cercavo persone con cui parlare per passare del tempo, per sentirmi libera di raccontare senza essere giudicata. Cercai la persona ideale in un mare pieno di squali. Pensavo di aver trovato Nemo, invece finii pescata dai pirati. È riduttivo ricordare L. come la peggiore delusione della mia vita su internet. È riduttivo descriverlo anche come la migliore scoperta della mia vita su internet. Lui, era un lui, è stato semplicemente il mio uno. Gli parlai con imbarazzo, provando quell’empatia che è sciocca da provare nei confronti di una persona di cui non conosci nemmeno i tratti fisici. O la voce. O le abitudini. Gli parlai sviscerandogli tutti i miei sentimenti, senza mai aver il coraggio di dire l’unica cosa che avrei dovuto rendergli nota. Magari non sarebbe passato lasciandomi sul treno in pieno viaggio. Ma lui era fatto per volare, planando nella piana senza mai voltarsi indietro. Ha provato a ricostruire un dialogo dopo essere andato via senza una ragione reale, ma non è stato qualcosa di piacevole. Era come ritrovarsi burattini male oleati e costretti a condividere la stessa misera scatola, condividendo lo stesso ossigeno e sentendolo scarseggiare. Eppure credo di avergli voluto bene davvero. Di aver desiderato incontrarlo e non lasciarlo andare via. Avrei voluto dirgli che stava minando seriamente al mio equilibrio psichico. Che pensavo potesse diventare il mio migliore amico. Che avrei voluto diventare la sua ombra. Il suo sostegno. Avrei dovuto dirgli che quando stava male io stavo peggio. Che quando mi scriveva la giornata trovava il suo senso. Che quando mi ha abbandonato senza spiegazione e i messaggi e le chiacchierate su msn sono terminate mi sono ritrovata orfana a piangere e ubriacarmi su un terrazzo, io e i miei sogni interrotti, gli occhi inondati di lacrime, in ginocchio perché il dolore mi trafiggeva il petto. Avrei dovuto dirgli che la musica che mi proponeva mi piaceva a priori. Che non lo trovavo spaventoso. Che chi lo faceva sentire un idiota era un coglione. Che lei non lo meritava, ma nemmeno la sua ragazza meritava di essere presa in giro. Che avrebbe potuto prendere me in giro, se proprio voleva. Quando smettemmo di parlare passai settimane a parlare con lui, senza ottenere risposta. Gli dedicai tutto il mio dolore, l’orrore che mi aveva lasciato addosso, parlai trai capelli nascondendoci il viso. Bevevo come una folle, non era mai capitato che qualcuno mi abbandonasse così, che sparisse nel mondo senza che io avessi modo di ritrovarlo. Capitò che mi recai nella sua città, passai vicino casa sua. Sfiorando le colonne, guardando il verde della piazza, e le statue e il castello, e il mare di biciclette e di passanti, e le auto, e le luci, e i tavoli su cui svolazzavano delle zanzare stanche. Vidi la libreria di cui mi aveva parlato, e in seguito anche il pub, e la città era desolata e gelida, con la nebbia e le bancarelle storpie, e fissai tutti i visi e magari ebbi anche modo di incontrarlo, ne ero quasi certa, ma chinai il capo, cercando di non pensarci. Avrei dovuto dirgli questo, avrei dovuto dirgli che anche lui mi dicesse qualcosa.
Mi è capitato spesso di innamorarmi delle parole, e infine furono le mie parole a far innamorare qualcuno di me. Dovrei definire P. la migliore chiacchierata su msn della mia vita di internet, ma non sarei sincera. Di lui mi innamorai dopo, quando ebbi modo di conoscerlo di persona. Un amore più razionale e meno viscerale, nato da un’amicizia vera fatta di incontri tra i treni e le regioni, negli intervalli ritagliati dagli esami, nelle gelide serate invernali, nelle campagne estive in cui si andava a vedere le stelle. Mi è capitato di innamorarmi di lui in una stazione, e furono le stazioni ad accompagnarci e per un certo senso ancora ci accompagnano. Quindi quella di P. è un’altra storia, e non merita di essere catalogata in questo post dal sapore (per me) agrodolce, perché questi sono persone e ricordi di un’altra epoca, forse non del tutto conclusa, ma purtroppo passata, che non scorderò mai e che forse, semmai dovessi scrivere qualcosa di corposo in qualche modo entrerà di prepotenza racconto.

M.

sabato 23 aprile 2011

Se.

E se tu tornassi, anche se fossi tu a tornare ti accoglierei a braccia aperte. Senza ascoltare cosa ti ha fatto andar via.
Ti acconcerei i capelli, lisciandoteli, ti farei riposare sul mio grembo.
Dormiresti protetto dagli incubi, in un cielo che nemmeno Dante ha avuto l'onore di esplorare.
Se solo fosse possibile.

Adorata cirrosi epatica.



Oggi ti scrivo per spiegarti quanto siano labili i confini tra amicizia e amore. Il mio amore non è un nubifragio, le mie amicizie risultano tormentate e dolorose. Io ho un’amica che sta male e non sa esprimersi se non facendomi del male. Ho un amore che ama in modo sgarbato e maldestro e io lo amo replicando a mia volta come fossi un fanciullo al suo primo rimpiattino. C’è gente che ha sempre le risposte, io ho solo un mucchio di domande, e oggi è Pasqua e il pub era pieno e si rischiava di annegare tra le bevande e il fumo e i fiori del male che danzavano appassiti sui millemila tavoli popolati da volti camaleontici e interscambiabili, i Nirvana suonavano per me senza che li ascoltassi, io piangevo senza lacrime credendo che un Long Island non mi avrebbe fatto sballare, ma sarà che non c’erano stelle e la notte era buia, ma ho bevuto come un folle dedicando i cicchetti agli amici che sto per perdere, a lui che non sa piangere, a me con il singhiozzo e le ovaie radiopache, sarà che di sabato/domenica tutto è possibile, e scrivo messaggi d’amore e amicizia a te che sei troppo te per accettarli, per smettere i panni dell’orgoglio e aguzzare la vista e vedermi. Non so come andrà a finire, spero di non suicidarmi prima che il 2012 mi spazzi,prima di aver dato l’esame degli esami di medicina, prima che abbia capito perché ho scelto e a cosa vado incontro, prima di aver appurato se credo a Dio o mi rivolgo ad altri pregando, prima di aver provato la vita, quella vera, quella che ti ferisce e ti fa sanguinare e anche se sanguini tu ringrazi e gli baci il capo, anche se sanguini da morire e stai morendo, mentre muori dici grazie con un sorriso e sorridendo pensi a come sarebbe bello se solo si potesse fare il bis.

venerdì 22 aprile 2011

V day.

Forse per renderti felice devo iniziare a ficcarmi le dita in gola e vomitare, almeno sarò come tu mi vuoi, che ne dici? Ma vaffanculo.
Ma che cazzo te ne frega di come sono? posso essere pure la persona più intelligente e buona della terra, ma per te non sarò mai all'altezza finchè sarò così. Non è più un mio problema quello del peso, ora è la tua crociata, ma probabilmente più lotti e meno io combatto, e più lo ripeti e più io penso di aver bisogno di stare lontana da qui e di avere problemi psicologici che tu mi hai causato.
La verità è che perfino per i tuoi genitori l'aspetto fisico conta. Quello è il metro di giudizio, l'unico, con cui valutano il valore della loro prole. Ti costringono a studiare, ad andare bene a scuola, a farti degli amici, ma poi non sei niente per loro se sei GRASSO. Insomma, più uno è grasso meno è attraente, ed è più difficile quindi trovare un compagno. Forse il problema è questo.
Forse il problema per me non è trovare l'amore, quanto di riuscire a non impazzire. Sto lì lì. Ma continuami pure a dire che faccio schifo, come se non lo sapessi già da sola. Mi faccio schifo da due anni ormai. Non ho la volontà di salvarmi. Ma farmi piangere non aiuta.
Comunque oggi credo che passerò la giornata mandandoti affanculo, è lìunica cosa che mi fa stare meglio.
Fanculo tu, F, e P. Tutti affanculo.
Io vi odio.
Odio questo posto e odio voi.
Io odio pure questo grasso.
Odio pensare che si deve vivere, non che si vuole vivere.

giovedì 21 aprile 2011

Volevo restare a casa Olympicus.

Mangio da morire. Fumo a più non posso. Ultimamente ho cominciato ad alzare il gomito anche di pomeriggio. Sono proprio cattiva. Mh, se levate la frase precedente che è solo un po' di sarcasmo, la mia vita va così dal giorno dell'esame. Per festeggiare, per riempire del tempo. Ho letto Ninna Nanna di Palahniuk, e sono al suo quarto libro, diciamo che per una volta non è stato troppo pulp, sembra un incrocio tra Streghe, Death Note e Harry Potter. Comunque scritto bene, e con spunti di riflessione interessanti sulla società, come sempre.
In realtà non avevo voglia di scrivere sul blog, sono stanca e nervosa. Ogni cazzo di festa deve trasformarsi in una guerra tra me e F. per dimostrare chi è il capo. Sinceramente non ho mai aspirato al titolo, ma nemmeno a quello di schiavetto. Come al solito si avvicinano le feste e si replica lo schifo di capodanno.
Porca puttana, permettetemelo.
Credo che passerò le vacanze in casa, studierò perchè mi va così.
Tutto pur di non vedere nessuno.
Volevo restare a casa Olympicus, davvero.
Stavo bene condividendo i respiri tra una puntata di Scrubs ascoltata solo a metà con te.
La luce filtrava oltre le persiane trovandoci impreparati.
Insomma, già.
Almeno così pensavo fino a poche ore fa.
Poi pure P. ha fatto lo stronzo.
Quindi il fine ultimo del post è di poter bestemmiare liberamente.
Ho le palle girate.
Porca puttana.
Asino ciuccio e re.

martedì 19 aprile 2011

Ho tentato fino all'ultimo di non presentarmi all'esame.
La notte passata insonne a ripetere le arterie. E il cranio. E il sistema di conduzione del cuore. E il canale inguinale, ebbene sì, abbiamo un canale inguinale.
Anche dopo aver alzato la mano all'appello pre-esame, ero decisa a scappare.
Quando è entrato il professore io ho cominciato a piangere, a implorare P e F che non facessero gli stronzi e mi lasciassero correre a piangere fuori. Poi il mio cognome ha rimbombato nella stanza, mi ha chiamato il professore, io mi sono alzata sperando di non piangere.
In venti minuti, titubante per l'ansia e l'angoscia, ho risposto praticamente a tutto, devo ammettere di aver avuto culo perchè la vascolarizzazione non mi è stata chiesta, io detesto le arterie e soprattutto non conoscevo tutte le anastomosi. Ma è solo anatomia 1, avrò di tempo per impararle. Alla fine ho passato tutta la giornata di ieri guardando il libretto chiedendomi se fosse vero, l'esame che mi bloccava psicologicamente da mesi ecco che era già nel passato. Assurdo.
Ed è stata la prima botta di culo dell'università, in quanto a domande, le sapevo tutte in modo perfetto :D
Insomma, rimpiango quasi che fosse solo una idoneità perchè a detta di P sarebbe stato un voto alto quello che avrei preso, lui esagera forse con il 30, ma anche io penso di essere andata bene :D
Ora potrò continuare con altre materie, finalmente, e l'anatomia totale sarà qualcosa che spero di riservare per dicembre 2011 o al massimo gennaio.

venerdì 15 aprile 2011

Love will tear us apart.

Sono completamente fuori di me. Per motivi accademici.
Per il resto ieri avrei voluto restare, dopo tanto aver desiderato la partenza.
Avrei desiderato chiudere le finestre, e le porte e parlarti per tutta la notte, picchiarti se ne avessi ancora avuto voglia. E dopo scappo in stazione e mi siedo accaldata al finestrino e mi chiedi in quale carrozza sono seduta, e io mi affaccio e mi chiedo cosa tu faccia qui se ci siamo detti arrivederci solo da dieci minuti. E mi lanci un pacchetto incartato e mi mandi un bacio e poi sparisci di nuovo e io resto stordita e imbarazzata a fingere che la passeggera che condivide con me l'abitacolo non abbia visto, e non sia curiosa di scoprire cosa c'è impacchettato. Ma io già so cosa hai scelto, ti ho assillato per giorni e quindi ti sorrido e sento di aver bisogno di piangere, e di dirti che da quando ci sei non mi faccio quasi mai problemi su come sono, anche se dovrei proprio, e se me li faccio è perché sento che è giusto che tu abbia vergogna di come sono, sono un disastro insomma, ma forse sei anche sincero quando mi dici che è tutto nella mia testa, è plausibile che per qualche motivo assurdo sia tu quello a provare vergogna per come sei, e sinceramente vorrei mostrarti che non c'è nessuno che sia meglio di te, e di noi quando stiamo insieme, ma forse queste cose sono troppo adolescenziali e romantiche da dire, non sono da me, io so trovare il lato tragico e funebre di tutto, cerco di contenere la Charlotte che vive da qualche parte anche dentro me con dosi massicce di Miranda. A volte non riesco, anzi mi correggo, quasi sempre non riesco.
Comunque quando non ci sei sento un freddo che mi prende e mi addormenta gli arti e una stanchezza che si diffonde nel mio animo, è come se andassi in letargo, è una brutta sensazione. In questo periodo della mia vita ci sei solo tu e a te mi aggrappo con tutta me stessa, e ti chiedo di non lasciarmi andare, non ho lo straccio di un appiglio. Insomma, è qualcosa di spaventoso, anche di triste non avere più punti di riferimento, ma soprattutto è spaventoso e bellissimo dipendere da te.

giovedì 14 aprile 2011

Eppure un sorriso.




Quando la guidai, o fui forse guidato
a contarle i capelli con le mani sudate .

Non credo che chiesi promesse al suo sguardo .

Un Malato di Cuore , Fabrizio De Andrè .

Michelle, ma belle.



La mia amica O. mi ha regalato un carrillon che suona Michelle, dei Beatles. Con la scatoletta laccata su cui sono disegnate sei Tour Eiffeil, di un beige che rasenta il color crema appena accennato, e le torri grigiastre. Alcune di queste torri non hanno un apice, sono tristi e monche perchè sul coperchio è stato applicato l'inutile denominazione Paris. Quando giri la manovella parte la canzone e tu puoi sentire la parte che fa " I love you I love you I love youu" , e ti viene voglia di cantare, ma non sai nemmeno bene le parole, soprattutto quando attaccano in francese, poi ci rinunci. Si muore sempre un po' ascoltando una canzone che ti strappa il cuore.
Comunque ci passo il tempo a far suonare quel ritornello, sto già rompendo l'ingranaggio, perché qualche molla deve essere saltata e le note fuoriescono poco nitide e sicure.
Almeno il carrillon continua a dirmi I love you riempiendo il vuoto d'affetto e autostima che sento ultimamente.
Anche se non ci riesce troppo bene.

domenica 10 aprile 2011

Arancia Meccanica

E' meglio un mondo malvagio che un mondo senza scelta dicono gli scrittori.
Forse sono l'unica a non simpatizzare troppo per il libero arbitrio.
Preferirei il determinismo alla contingenza. Almeno non ci sono se e ma, niente rimorsi, zero occasioni perdute. Niente illusioni.
Ma io chi sono per parlare di queste cose?
Nessuno, e forse nell'essere nessuno mi son contraddetta, perchè in un mondo contingente ho scelto di essere tale.
Bah.

mercoledì 6 aprile 2011

Kill Bill // Lie to me.

Ormai l'unico sport che pratico a parte l'ingozzarmi oltre ogni misura è uccidere le zanzare. Insomma, tu la notte non riesci a dormire perchè ti ronzano nell'orecchio a mo' di sfida, tanto per ricordarti che ti stanno succhiando il sangue e stanno ingrassando a tue spese, e poi il giorno ti ritrovi a vedere un grande punto nero che si affatica a mezz'aria. E' una zanzara obesa come non le hai mai viste. Non riesce a muoversi bene, le piccole ali quasi non sostengono la sua mole, e si attarda a spostarsi mentre tu quatto quatto ti avvicini con ciabatte/quaderni/ammazzamosche per vendicarti dei pizzichi e del fastidio. E lei ecco che scappa, appena in tempo, e non demordi. Mira sbagliata, la perdi di vista, ti maledici, vorresti proprio farla fuori ma è così piccola pensi e invece la sua ingordigia sfrenata la tradisce: spicca sulla parete rosa tonda tonda com'è. Ed allora ti avvicini di nuovo, trattieni il respiro e : SPLAAAAAAAAAAAAT. Frullato di zanzara e sangue ovunque, un nuovo danno da ripagare al padrone di casa. Esaltata come non mai dalla riuscita vendetta insulti l'insetto morto, lo guardi come se contemplassi la Pietà di Michelangelo, subito dopo pensi che quel quaderno non potrai più portarlo in giro, poi ritorna l'esaltazione e pensi che quella parete macchiata, quel quaderno schifoso saranno un monito per tutte le altre stupide zanzare che oseranno sfiorarti.


A parte questo, ieri mi è capitato di non riuscire a far niente per via del troppo sonno. Sono uscita giusto per fare quattro passi e mi chiamano gridando come galline nei pressi della stazione: oh cazzo penso, eccole, le mie ex compagne di classe. Mi assalgono varie sensazioni: stupore, orrore al pensiero di come sei conciata mentre loro come al solito sono perfette, malinconia dei bei tempi andati, poi di nuovo schifo. Non sappiamo che dirci, sorridiamo per default, ci scambiamo due parole in croce. E poi loro cosa fanno? Mi squadrano. Sai quell'occhiatina per valutare se hai messo su chili/come sei vestita/se hai i capelli a posto. Ovviamente potevo leggere sul loro viso d'esser stata bocciata all'esame. E poi quell'altra battuta, quella più bastarda. "Eh, da Milano ti ritrovi qua!"
Ma cazzo, avrei voluto rispondere, che te ne frega di cosa scelgo? Di certo se ho cambiato città avrò avuto le mie ragioni. Economiche, personali, comunque razionali. Era per il bene di tutti e non me ne pento ( a parte il fatto che la lontananza mi impedisce di stare con Federico che io adoro e adorerò sempre, almeno spero ) . Non ho risposto, un po' perchè presa alla sprovvista, un po' per far terminare più in fretta possibile l'incontro, me ne sono andata via subito dopo e ci ho pensato a lungo. Tu guarda la falsità delle persone. Ma perchè mi hanno chiamato? Se avessero voluto mantenere i contatti avrebbero potuto cercarmi un anno e mezzo fa, dopo l'esame, o quando era appena iniziata l'università. Non l'hanno mai fatto perchè a loro non interessava nulla di me, e io che ho sempre pensato che la classe delle superiori fosse la migliore di sempre, amavo davvero i miei compagni e vedi come mi hanno ripagato alle prove d'esame.
Da allora sono diventata abbastanza diversa, diciamo più menefreghista e pronta al peggio. Ormai non mi aspetto niente dall'amicizia, soprattutto quando è temporanea. Che poi la riconferma di dover adottare la tecnica del menefreghismo l'ho avuta pure l'anno scorso con gli ex compagni del S. R., l'unico ancora a me vicino è Fede, fortuna che non tutti sono di passaggio, almeno spero.

martedì 5 aprile 2011

Se amassi qualcuno di certo non lo paragonerei a un cancro.

Volevo solo puntualizzare che "se avessi un tumore, lo chiamerei Marla" non è una frase su cui costruire languidi sogni d'amore e morte che tanto piacciono a tutti gli illusi di tutte le Vie del Campo di questo mondo. In quel momento il protagonista di Fight Club non è ancora innamorato di Marla, non sospetta nemmeno minimamente di poterla amare,o almeno non con tanto strazio da definirla la sua malattia mortale. E' puro cinismo, di quello che ti fa leccare i baffi, e sinceramente la frase assume un certo umorismo calcata in questa maniera (se non siete ancora soddisfatti vi invito a guardare anche il film, ascoltate con quale tono viene pronunciata la battuta che ho ritrovato poi nelle didascalie esplicative alle foto indierockposerintellettualoididepressilucidellacentralelettrificati di tutta Italia. Non ho ricercato in altri paesi, avevo di meglio da fare.
Poi pensatela come vi pare, tagliatevi le vene o venite nelle mutande, siate stucchevoli e tragici da straziare il cuore. Sembra assurdo ma cuore è il termine anatomico per definire l'intero organo, miocardio non è propriamente la variazione elegante del termine, torniamo alle cose semplici una volta, io con queste boiate colossali ho chiuso, a dire il vero con Marla non avevo mai aperto, comunque sia dovreste farlo anche voi.
E se proprio volete tagliarvi le vene pensando a qualcosa di tanto lirico da far piangere ascoltate qualcosa di De Andrè, il suo lato meno noto, non soffermatevi su Bocca di Rosa e il pescatore.
Io stanotte nemmeno ho dormito.
M.

lunedì 4 aprile 2011

La grazia o il tedio morte di vivere in provincia.


Ma c'è una vita sola, non ne viviamo niente in tributi alla gente, o al sogno.


Canzone quasi d'Amore, F. Guccini.

domenica 3 aprile 2011

Subliminal Mind Fuck Italia.

D'accordo, ho provato ad aprire un account su Tumblr, ma non ci sono proprio riuscita. Non mi sono sprecata nemmeno troppo, e devo averci già provato visto che inserita la mia mail e la password è uscito il profilo lesmetamorphosesduvampire, e lemuseinquietanti, insomma, nickname che mi hanno accompagnato per un periodo tra netlog e facebook.
Ma chissenefrega, continuerò a scrivere qua, tanto è chiaro che è solo l'ennesima fissa del momento quella che nutro per il blog, tra qualche giorno smetterò di scrivere e poi tornerò strisciando non appena sarò nuovamente carica di nevrosi.
Detto questo che bello il sabato passato a nascondersi. Sono come una piccola larva, mi rotolo nel mio niente, cancello i post da facebook per evitare che si capisca se sono in un posto o nell'altro e molto spesso vorrei essere in nessun posto.
Studio con scarsi successi, preferisco fissare lo schermo con aria meditabonda, non ho proprio niente da fare, a parte farmi venire le crisi di panico e l'ansia all'idea di quello che sta per accadere.
Mi sono resa conto che la televisione sceglie con cura come giustapporre due servizi, è la goccia che scava la roccia, indirettamente riescono a far filtrare un messaggio che tu cogli e assorbi indirettamente, senza rendertene conto.
La televisione è il demonio.
Ma io la guardo perchè riesco ancora a distinguere tra ciò che vogliono farmi pensare loro e ciò che io so di star pensando.
Anche perchè lo streaming posso guardarlo un'ora si e una no, e la chiavetta non funziona benissimo, e adesso è tardi e adesso ritorno al lavoro (cit.)
M.

sabato 2 aprile 2011

In metropolitana si sentiva suonare.


Mi ricordo che in metropolitana si sentiva suonare. I passanti blateravano, si acconciavano i capelli, tiravano su con il naso, si aggiustavano i pantaloni, passandosi un dito sopra le labbra, un fazzoletto contro il sudore, assestandosi il pacco, sorridevano al loro bambino, soffrivano il caldo, si appiccicavano ai pali, alcuni si baciavano, altri discutevano di quante puttane ci fossero in una città sola, la città che sale e che va troppo in fretta perché tu possa stare al passo, alcuni ascoltavano musica, c’erano varie scuole di pensiero su come aspettare la fermata successiva senza dover necessariamente annullarsi e divenire un viso grigiastro nel marasma dell’anonimato più cupo. E dopo tipi strani di ogni colore che tu gli scrutavi e pensavi agli attacchi terroristici e dopo pensavi a quanto tu potessi passare per razzista pensando a una cosa simile, e poi ti sentivi in colpa e iniziavi a riflettere su quanti maniaci abitassero in una città sola, e dopo vedevi salire nuovi gruppi, suonatori di organetti, studenti della tua università, abbassavi il capo per non doverci parlare né salutare, lasciavi indugiare lo sguardo sulle scarpe, quando si è in imbarazzo la cosa migliore da fare è passare il tempo fissando le scarpe, e dopo ti perdevi alla ricerca del romanzo da comprare, in un vagone c’è necessariamente qualcuno che legge, e chi sonnecchia, e qualcuno prova ad appoggiarti il cazzo al culo e a spingerti, e tu fai finta di non accorgertene mentre senti salire lo schifo e il terrore che si incolli proprio addosso a te, e qualche volta è successo, e ti dici che deve avere dei gusti pessimi per riuscire a farselo venire duro con un mostro simile. E dopo entrano per l’elemosina, i bambini e gli storpi, gli storpi spesso sono sani e si spacciano per malmessi così ti fanno pena, i bambini invece non fingono, loro sono stati istruiti a comportarsi così, e quegli occhi profondi e senza speranza sono proprio i loro, e tu non puoi sfuggire a quello sguardo senza sentirti colpevole,un aguzzino. In realtà quando salgono ti arrabbi e vorresti prendere a calci i loro genitori, questo è sfruttamento, urleresti se avessi un briciolo di coraggio, ma sei codarda e così ignori semplicemente il loro sguardo, la loro musica da quattro soldi, la loro presenza, il loro occupare uno spazio fisico. In metropolitana si sentiva suonare, e quando non capitava allora potevi ascoltare un po’ di musica, a rischio di far incazzare i tuoi vicini, qualche volta scoppiano le risse quando la metropolitana è troppo piena e non si respira e il tuo corpo smarrisce i contorni e ti ritrovi con la mano sulla schiena di qualcuno che ha le gambe incollate a quelle di un altro ancora. A volte avrei voluto essere morta piuttosto che prenderla, ora ci ripenso con un certo gusto, è forse il posto che più mi è rimasto impresso della mia permanenza milanese, anche perché passavo almeno un’ora al giorno in quella bolgia, in un modo o nell’altro avevo imparato ad amarla. C’erano momenti unici là dentro che porterò sempre con me, Alzheimer permettendo. Il primo è quando andammo a vedere Alice In Wonderland, eravamo almeno in dieci, e ci mettemmo in cerchio in un vagone qualunque a fare un gioco in cui bisognava resistere senza ondeggiare, senza cedere ai sobbalzi che la differenza di velocità provocava, c’era Federico e non eravamo ancora così amici, o forse lo eravamo diventati da poco, e ricordo che rideva tanto, ed io ero felice che ridesse e che forse, quella sua felicità dipendeva anche da me. E dopo il ricordo migliore è quello in cui io e P. stavamo seduti ad ascoltare l’ipod ed è uscito Inverno, la canzone di De Andrè, ed io chissà perché mi persi completamente nel brano e nella drammaticità della musica, stavo per scoppiare a piangere commossa, e lui restava in silenzio e fissava in basso, ogni tanto mi spiava, ma questo lo scoprii solo dopo, quando ebbe il coraggio di spiegarmi che in quel momento ci eravamo commossi entrambi, ma soprattutto lui, perché aveva sentito la mia commozione, era uno di quei momenti assurdi in cui si prova la stessa cosa e non si sa dare un peso ad un simile avvenimento, sono quei momenti confusi in cui ci si sente nuovi e diversi, e non si gestiscono bene le emozioni e non si riesce a comprendere come sarà il domani, o se ci sia un futuro. Sono quei momenti in cui tutto sembra immobile e invariato ma in cui si percepisce un crack, una minuscola crepa, forse uno spiraglio e spiando imbarazzati dal buco ci si rende conto che tutto è cambiato e irriconoscibile, è una velocità superiore a quella del nostro occhio, una luce esplosiva a cui la pupilla deve abituarsi. Solo perché non siamo riusciti a vedere non vuol dire che non ci sia niente. Sono quei momenti in cui si è felici, completamente persi nella gioia e di cui ci accorgiamo sempre in seguito, quando la sensazione è già dissolta e le cose sono cambiate irreversibilmente, che io ricorderò per sempre, per cui io ringrazierò costantemente, per cui posso giustificare e comprendere i miei sbagli e i miei fallimenti e ripensare al passato guardandolo da una nuova ottica, in cui mi colpevolizzo di meno e mi amo di più. E con questo concludo, perché per oggi ho scritto troppo.
M.