lunedì 12 luglio 2010

It's me Cathy.





Le ore non trascorrono. Mastico gomme senza zucchero. Le canzoni che passano mi distraggono giusto un attimo. Proprio tra le viscere, proprio nelle viscere. La dinamica di un’implosione controllata. Vescicole sferiche dappertutto ripiene del tuo sporco. Come quando ci sfibravamo le vene disegnandoci sopra tratteggi improbabili. I carteggi a senso unico. Ti ho amato così tanto che adesso sono un caso patologico. Assorbivo i discorsi. Mi lampeggiavano gli occhi. Semafori policentrici i tuoi cambi d’umore. Le espressioni improbabili, gli impegni inderogabili, le notti trascorse a farti da ombra, a proteggerti da tutti, da te stesso, perché di questo si trattava. Poi crepare diecimila volte in un infinito di ortensie. Qui a Milano crescono così bene, bisbigli e ti porti un ciuffo di capelli indietro, e sali sull’autobus e mi dici che a Natale potresti venire trovarmi se io restassi. Dormiresti in veranda, con i vecchi giornali e i lavori di patchwork mai conclusi. Guardavo quelle immagini, quegli occhi. Le tue menzogne confutate dai cristalli liquidi. Lei dopotutto non è una cosa da niente. Lei ha qualcosa di particolare che mio malgrado ho anche io. Purtroppo ti piace. Questo mi induce a pensare alle ragioni delle piogge. Se le stelle fossero fisse. E noi ruotassimo come i cavalli delle giostre. Conoscendo le regole. Le leggi della fisica ormai inchiodate alle pagine dei manuali. Mentre tutto è fermo. E tace. E ti accendi una sigaretta e stabilisci che non mi scriverai mai più. Mentre ferisco all’inverosimile chi non vuole lasciarmi andare. Risuonano e sono trombe della morte le tue parole afone.Ho sempre pensato che il vero protagonista di Cime Tempestose non fosse Heathcliff, ma Edgar.

Luglio bastardo.




I biglietti ripiegati nelle tasche. Le tasche ripiegate sulle ginocchia. A fumare e tossire perché è vietato abbaiare. Mi ricordavi una canzone d’estate, la settimana enigmistica, una rivista scandalistica piena di persone abbronzate che ti danno la sensazione di bruciare. Puoi quasi sentire l’odore di salsedine, boccheggi per la calura, il ventilatore ripete ritmicamente che non sarà lui a salvarti da te stesso. Mi sveglio con la cattiva idea di cercarti, di prenderti a schiaffi, di dormire nel tuo letto, o negli scompartimenti dei peggiori treni che comunque vada ci allontanano. Poi si fa tardi e le granite alla fragola non fanno la felicità, però aiutano, molto più dei tuoi finti sorrisi, degli abiti appesi, dell’organza e del tulle che ci stavano soffocando. Ti bisbiglio al telefono che c’è aria di crisi, a furia di piangere sforneremo l’oceano Atlantico, e non c’è modo di insegnarti a parlar francese, il rossetto rosso dopotutto si disfa sempre e tu vesti del colore del mare e ti ostini a non voler essere ricoperto di flash acrobatici e aritmici, la sincope della tecnologia da bere. Quando ci saranno meno pagine da studiare, meno evidenziatori da sprecare, quando non avrò le dita cadenti per l’effetto del ticchettio ritmico sui tasti e sui fogli, allora probabilmente andremo a raccogliere papaveri. Era vagamente romantico lasciare insulti scritti sui biglietti, nasconderli tra l’analisi di linkage e le malattie complesse, non avere nemmeno il coraggio di confessarsi, di togliersi il peso, di levarsi la maglia, di dire ti amo, di prendere a schiaffi il cielo. Avere vent’anni può causare effetti collaterali, vedi foglietto illustrativo, capitolo 13, paragrafo 4.

giovedì 1 luglio 2010

o.o

Don't be down.
Don't be down.
Eppure si avvicina il momento di decidere.
Non riesco a capire cosa voglio sul serio.
Al momento so solo che, nonostante io sia una deficiente patentata che ha smarrito la capacità di apprendere velocemente, come se il mio cervello ormai fosse saturo e non ci fosse più posto, pena l'esplosione e il completo Alzheimer, nonostante non sia degna ho capito che sto facendo la cosa giusta, intendo, sto studiando quello che fa per me. D'accordo, l'amore per i libri e la scrittura mi accompagneranno sempre, e magari ci farò un pensierino semmai si presentasse un'ottima idea da realizzare, ma fino ad allora non provo pena per non aver seguito il ramo umanistico. Io voglio tenere un cuore umano in mano, ok, magari mi basterebbe meno, ma mi sta prendendo parecchio pure l'idea di chirurgia. Solo che sono incapace a volte di inserire delle chiavi nella serratura, figuriamoci armeggiare con strumenti sofisticati e con tutta quell'ansia data dalla consapevolezza di avere tra le mani una vita umana. Però come deve essere bello, come ci si deve sentire bene.
D'accordo, basta così.
Devo solo capire come e dove proseguire la mia carriera accademica.
Presto.