giovedì 23 agosto 2012

But it's ok

Ci sediamo poco distante, fumiamo una sigaretta. Da quanto tempo, maledizione. I tuoi capelli decolorati, gli occhiali maculati. Indossi una maglietta con un gufo simpatico, penso che P. sicuramente continuerebbe a guardarlo e a ridere come quando tutti e 4 insieme abbiamo visto Rango e gli stavano andando di traverso i pop corn. Il tuo sorriso spontaneo non lo vedevo da quasi un mese, penso, ma non ci diciamo certe cose, è così che fanno gli amici si scrivono e si confidano la reciproca importanza solo quando sono veramente sbronzi. Il silenzio inframmezzato dai tuoi bisbigli, le mie repliche stupide e imbarazzate. Non so veramente affrontare la sofferenza a maggior ragione perché so quanto la tua sia profonda, eppure dovrei aver imparato qualcosa attraverso l'introspezione. Ma forse siamo tutti isole, anzi no, astronavi, e viaggiamo nello spazio senza sfiorare che polvere di stelle. Non c'è nemmeno l'acqua a congiungerci insomma. Ma la tua sofferenza, diavolo. Vorrei davvero che tutto si aggiustasse. E ti ammiro, perché non ho visto nessuno affrontare tutto con tanta eleganza e risolutezza. Ricordo solo di un giorno in cui ti ho visto a pezzi, e probabilmente stai così sempre e non lo dai a vedere ma trovo coraggioso anche questo atteggiamento nonostante la parola migliore sarebbe autodistruttivo. Ora vuoi trasferirti e andartene via. Vuoi che parliamo in inglese per migliorarci e poter scappare dall'Italia. Proviamoci rispondo, anche se per ora non credo che l'inglese possa farmi evadere da me stessa. Poi rientriamo dentro, R ha appena fatto colpo, o così ci piace pensare perché sentirla ridere rende tutto più divertente. Devo tornare a casa, dico. Buonanotte.

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