venerdì 29 luglio 2011

Per P.








Sorridi al vento che ti accarezza la barba, i capelli si riempiono di bagliori luminescenti, c’è il mare che si scontra con il bagnasciuga va tutto bene anche se la bandiera è rossa. Le onde sono tori infuriati, sentieri di impronte che si inseguono e ti inducono a seguirle, una donna e il suo scialle, una donna con le gambe lunghe e abbronzate che sfuggono da una gonna che si gonfia di vento. Osservi le dita dei suoi piedi, sono loro a plasmare i granelli, è l’estate africana del suditalia, gli occhiali da sole, i marocchini che sorridono e ti strappano sempre meno di quello che chiedono, gli ombrelloni gracchiano come cicale, ti domandi se rimarranno infissi nonostante tutto, radicati come querce. Ma non c’è tempo, mangi un ghiacciolo, il mare cola a picco nei tuoi occhi, abbiamo visto un film e ora ne stiamo guardando un altro, ma non indossi più gli occhiali per il 3D, adesso ti basta roteare gli occhi per sondare le dimensioni, e non paghi il biglietto, o forse lo paghiamo ed è troppo caro per non dividere in rate, e le rate sono protratte per anni, e tu sei troppo giovane e troppo intelligente per non capire che saranno i debiti a ucciderci, gli anni sono solo contingenza. Mi sorridi e mi sciolgo nonostante la brezza marina mi faccia rabbrividire, non troviamo un ristorante dove sostare, non troviamo più la macchina, non c’è centro in questa città, solo biciclette e uomini di mezza età che si concedono un gelato, e cagnetti rachitici che portano a spasso bagasce tramortite dal sole morto, le labbra rosse di trucco, osservi i loro occhi da insetto e mi chiedi con quel sorriso di non diventare come loro, piuttosto di trasformarmi in una ragnatela di rughe, è inutile nascondere l’umidità con la carta da parati, l’acqua corrode tutto, vedi queste onde che oggi divorano la spiaggia, mi chiedo se un giorno anche il mio sangue ribollirà di onde violente e farà piazza pulita delle mie membra. Ma per ora non c’è di che preoccuparci, godiamoci questo giorno di vacanza strappato agli esami e alla non estate, godiamoci i tuoi cento euro che non si sa come hai recuperato, mi dici che potrò avere tutto quello che voglio, è una giornata speciale, non hai nemmeno con te un libro per studiare, io non ho con me i miei timori, camminiamo nel vento stringendoci per mano. E la città sembra meno ostile, ci sono romanzi che sorridono dalle vetrine, caramelle gommose attorno a cui ronzano mosche stonate, se vuoi da lontano si vedono pure sirene e pirati, e un giorno la mia pancia marcerà su Roma e conquisterà il mondo, per ora è solo la speaker radiofonica di una stazione sfigata, ma ha anche un sito web, e si farà crescere il pizzetto. Mi dai un bacio per dirmi arrivederci, ma dopo tutto questo tempo sembra brutto come un addio, l’ultimo giorno si è svolto come il primo giorno, la ripetizione sembra scandire e incamerare nel passato questo lasso di tempo, sembra dire: inizia un nuovo capitolo, un nuovo ciclo, e chissà come sarà, per questo non vorrei che la mezzanotte arrivasse, il nuovo giorno però arriva e ci coglie impreparati, tu tra le mie ciglia perennemente fradice, la mia bocca sulla tua gola quasi a volerla recidere, è una danza malinconica quella che ci unisce, ti guardo mentre dormi e non chiudo occhio tutta la notte per poterti cullare con gli occhi, ogni tanto se mi avvicino mi stringi e ti riaddormenti, al risveglio è già iniziato il nuovo ciclo e non ci sono più carezze, il nostro è un arrivederci che si rompe in litigio, la mattina scendi ringhiando, mi mandi a fanculo, ti ho fatto incazzare, la tua macchina sussulta e si risveglia piano. Io ti volto le spalle piangendo forte, mi siedo sul letto, le dita sulle ciglia; inizio a contare quanti giorni compongono l’abisso, quando potremo scusarci a dovere, amarci a dovere.
Comincia così la mia estate, la mia vita senza te.

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