sabato 3 settembre 2011

E adesso che mi restano solo il ricordo di quelle parole, delle conversazioni interminabili che correvano sulla A14 fino a raggiungerti, mi ritrovo con un libro maledetto in cui un uomo che vuole sentirsi migliore idealizza una povera donna la cui essenza è la maternità piuttosto che la seduzione e le si accuccia ai piedi come un cane, per farsi accarezzare un po' la nuca.
Non so chi dei due alla fine qui si dimostrerà il cane, chi il bracconiere.
So che non hai avuto il coraggio di farmi fuori, ma nemmeno quello di tentare di salvarmi.
Mi hai lasciato nella foresta, con il sentore indistinto dell'abbandono, nell'umido utero di foglie e piante brulicanti, una scacchiera di ombre prepotenti, e flebili sospiri di luce. Sola ma sicura che da qualche parte tu respiravi, e io volevo illudermi di esserci ancora in quell'ossigeno che bruciava nei tuoi polmoni, ma a cosa servisse farsi male ulteriormente, questo non lo so.
Sapevo che questo libro mi avrebbe fatto ripensare a te, leggerlo è sconfortante e a tratti affascinante, non so se riaprirà la ferita o se mi scoprirò ufficialmente immune.

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