sabato 19 giugno 2010

C 6




L’umorismo era il loro forte. Si dovevano ubriacare per ridere a briglia sciolta sulle loro disgrazie. Nonostante questo Luxor non perdeva mai abbastanza il controllo per parlare del male maggiore, non era di certo roba da condividere su due piedi solo perché i vestiti erano impregnati di alcol e odori corporei e si lacrimava vodka dalle fessure oculari.
Era piuttosto argomento di conversazione che si affievoliva nei giorni feriali per infuriare a novembre, quando nessuno avrebbe potuto impedirgli di chiudersi in casa e sognare di diventare un agente segreto, cantante, poeta, strimpellatore professionista con il ciuffo alla De Andrè e con mille storie impossibili con puttane inafferrabili delle mille vie del Campo del mondo.
Lilith si aspettava un futuro più o meno comune, diceva sorseggiando dal bicchiere qualcosa di apparentemente velenoso. Anche se, in effetti ce l’aveva anche lei un’idea che le balzava per la testa fulminandola, poi scompariva e non faceva più capolino perché la relegava nelle segrete dei mille castelli illuminati di pianura con cinghie di nebbia che e camicie di forza e maschere di cuoio.
Le piaceva scrivere, per questo si finiva spesso per parlar di libri, a volte si ripiegava sulla politica ma nessuno dei due ci capiva abbastanza. Coglievano l’indispensabile, avevano degli ideali che nessuna fazione per ora sapeva rappresentare.
Dovremmo adattare la tecnica Woodstock, suggeriva Luxor sputando nell’aere quintali di fumo.
E quale sarebbe?
Scopare e suonare per governare il mondo.
Mi sembra un’idea di parte. Io non so suonare.
Nemmeno io, ma potrei essere Ministro del Sesso. Se vuoi te lo dimostro, e per te farei anche lo strappo alla regola rendendomi ridicolo nel suonarti una serenata.
Ridevano, nessuno dei due era troppo d’accordo, o almeno questo volevano far credere all’altro.
Poi finivano per sedersi per terra, si accendevano una sigaretta, l’ennesima. Nei loro cappotti neri, nei loro sguardi ambrati dai lampioni accesi, il centro dello spazio sembrava sconfinare ed era l’infinito a dominarli, la piazza non serviva a nient’altro se non permettere loro di sdraiarsi, erano i senzatetto del futuro, erano punti di domanda a cui non era necessario dar risposta.
Se ne infischiavano di Dio e della morte, semplicemente bastava esistere, occupare uno spazio, sentirsi reali.
Forse fu per questo che le si avvicinò per darle un bacio senza che lei si scansasse.
Forse fu per questo che poi le domandò perdono e si nascose la testa tra le mani come se avesse compiuto un delitto.
In effetti il delitto era stato compiuto, ma questo non era importante.
Lilith rimase a fissare il fumo che le usciva dalla bocca, gli occhi accesi color di foglia bruciata, l’espressione persa nel cielo più cupo che la schiacciava.
Il suo cuore crepitava nel petto, ma questo non era necessariamente un problema.
Le labbra rosse, ancora umide, il segno della sua resa.

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