lunedì 7 giugno 2010

Inscatolare il Dolore.




Mi sembrava complicato inscatolare il dolore, piccole pillole da smarrire per strada, nella simmetria ferrica dei tombini umidi, dove scivoli, e maledici la pubblica istruzione perchè non sai proprio quale perifrasi inventare per nascondere il capitombolo.
Quella volta pioveva e mi hai detto che era proprio come volevo io.
Poi mi abbracciavi bisbigliando qualcosa di incomprensibile in inglese antico.
Le promesse nelle erbe e i papaveri devastavano i campi, c'era rosso dapperttutto, mi pareva di annegare tra quei simulacri di parole tra un litigio e l'altro, perdendo il senso, sciogliendomi in cremosa disfatta, smarrendo il punto.
Poi il punto arrivava e ci si sorrideva ancora e sembra difficile credere che si è trascorso del tempo a scagliarsi addosso le illazioni peggiori, i malumori stagionali, quelli che ricopri con il cellophane quando è ora di fare l'inventario della tua vita, li ingabbi in un armadio retrò e indossi senza vergogna un foulard che sa di Parigi e di tragedie facili.
Ti sto bruciando l'anima con l'arancio del mozzicone e mi faccio male nell'intento di ucciderti.
Non domandarmi perchè lo faccio, deve essere semplicemente che sono una fottuta puttana.
Ma tu mi parli d'amore, con la schiena bruciata, con gli occhi che piovono affetto, tutto quello che io non so dare. Quando è esplosa la bomba atomica qualcuno stava ridendo. Mi accarezzi i capelli dicendomi che non dovrei preoccuparmi di niente. I silenzi fanno male e non bisogna mai smettere di parlare. Poi ti siedi nella vasca e cerchi nello specchio un mio sorriso.
Infine ti lasci sconfiggere dal rubinetto, abbassi il capo, ti si bagnano le calze, ti si bagnano le ossa, le arterie più mostruose, i globuli rossi.
P non mi abbandonare.

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