sabato 9 gennaio 2010

Cavità Amniotiche.




Le cavità amniotiche delle tue lettere rimandano alle cavernose cabine delle fototessere in cui mi era sembrato di vederti e ti avevo parlato e forse ti ho perfino detto che piromani si muore e si muore per delle idee vabbè ma di morte lenta. Quando ti ostini a trascendere il senso letterale per regolare l’orologio analogico così ci catapultiamo in orario nel futuro e distribuiamo goldoni all’entrata di uno squallido autogrill. E i maniaci alcolizzati ti fanno biglietti e chiedono qualcosa in cambio e se bisbigli in russo loro svaniscono nel buio del loro alito mefitico. E dopo forse ti inseguono e se sei fortunata non ti prendono. Questa città fallocentrica basata sull’Esselunga. Una borghesia di procioni addestrata a tagliarsi le vene, a ricamare tumori di stoffa per rialzarsi dalla crisi e rincasare con un pezzo di cioccolata perché è l’anniversario della nascita dell’inventore delle nacchere. Che dopo nei cappotti di lana il senso di riconquistare lo spazio te lo spiegano in un istante le dritte di Paolo Fox. Ma noi avevamo gli occhi troppo secchi e De Andrè era anche lui ad impiccarsi in garage recitando in un amabile genovese le poesie di Vian. Addentare i reciproci malumori perché la statistica poteva farci meno male. E non stupirti che la mediana ci taglierà a metà i polsi e sentirai la media dei tuoi pensieri sballata verso ovest senza contare che non eri in grado di spiegarmi perché l’alcol ruba il posto alla cassa veloce né cosa avevo fatto per prendere la tubercolosi mentre biondeggiavano le pagine gialle nei campi bianchi. Parlami ancora di quando hai urlato al cielo che stavamo tutti affogando

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