sabato 23 gennaio 2010

Il cuore nell'esofago.




Ed era qualcosa di imbarazzante sentirsi il cuore nell'esofago.
Il problema è scoprirsi a provare vergogna non del mondo ma di sè stessi.
Mi mangiavo le mani mentre mi blateravi di come covariano insieme La Nina e la Pinta.
Fiorucci aveva la passione di ripetere Celebrities ogni due per tre.
Tu masticavi qualcosa che sapeva vagamente di menta.
Avevi degli occhi che colavano fuori tipo piombo.
A correre sui binari si rischia di inciampare e la Locomotiva arrancava tra il vapore, tra le porte indecifrabili da decrittografare e nel viavai frenetico delle scale mobili e degli scalini a griglia degli Eurostar, destinazione la città incivile, prendete il biglietto e la maschera antigas in cui coagulare senza far rumore.
Poi ti saluto sorridendo e cercando di nascondere la colonna vertebrale e le mestruazioni.
Abbiamo bisbigliato maldestramente prima che si scollassero tutti gli umori ippocratici dalle tasche e inserissimo la terza.
Infine le porte di plexiglass hanno inghiottito le parole e la notte ha ripreso a carburare, ingranaggi ticchettavano, le strozzature nella gola si sono colmati, i benefici degli anni dieci che mi parevano tutti ingloati nella visione elettrificata di una qualche centrale alle porte di una città anonima, metallo e kilowatt, la tua voce al telefono, non sto sentendo, non sto pensando. E sai di star vivendo, by heart, come dicono gli inglesi, loro non dicono a mente, parlano di cuore c'è una inalienabile differenza.
Ebeti sorridiamo alle lune di latta che ci sono state promesse.
Intanto alla stazione sbuffavano in cinquecento, le sigarette scarseggiano, la tua dialettica non veniva meno e mi guardavi con un'aria da scienziato pazzo. Avrei voluto essere vento, invece sorridevo al nulla respirando piano.

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